IL PESO DEI NOSTRI PROFILI SOCIAL SUL MERCATO

I social network hanno molta più influenza sulla realtà quotidiana rispetto a quella che comunemente si immagina: 1,09 miliardi sono gli utenti che utilizzano quotidianamente Facebook, mentre Twitter annovera 320 milioni di iscritti e 1 miliardo di persone che lo consultano senza avere un account.
Visti questi dati le aziende non possono che attivarsi per sfruttare il fenomeno.

Attraverso i like o tramite i cookie, che sono una sorta di traccia dei siti visitati che si attiva automaticamente ogni qualvolta si accede a delle pagine web, i network sono in grado di profilare i loro utenti. E’ facile notare, infatti, come sulla home di Facebook compaiano inserzioni e pubblicità inerenti agli interessi o alle ricerche precedenti dell’iscritto.

Queste informazioni hanno un valore non indifferente, le grandi aziende sono interessate ad acquisirle perché permettono loro di calibrare le strategie di produzione, di capire il proprio target di clientela e di soddisfarne i bisogni. Una fabbrica di auto di lusso, ad esempio, può essere interessata a sapere dove risiede la maggior concentrazione di persone appartenenti all’élite, nonché a conoscere i gusti e le mode di questa fascia alta. I produttori si adeguano alle richieste del mercato, che la rete è quindi in grado di influenzare.

Ma l’impatto del web all’infuori del mondo virtuale non si limita a questo. Oltre ai dati che le aziende ricavano indirettamente dalle nostre azioni, le persone pubblicano spontaneamente moltissime informazioni personali attraverso i profili sui social network. Apparentemente questo non dovrebbe avere influenze sul mondo del lavoro, ma l’ultima ricerca di Adecco, una delle agenzie di selezione del personale leader in Italia, rileva che, nel 2017, più di due candidati su tre vengono individuati attraverso una ricerca online e che i responsabili per le assunzioni utilizzano ricerche in rete per il 64% delle volte.

L’utilizzo dei siti da parte degli headhunters é in crescente sviluppo e non si limita a piattaforme specifiche per la creazione di contatti professionali come Linkedin, ma anche ai profili personali di Facebook e Twitter. Questa invasione della privacy sarebbe contraria all’articolo 8 dello Statuto dei Lavoratori, che vieterebbe indagini sul lavoratore in merito ad ambiti non attinenti all’attività professionale, tuttavia, nel concreto, questa è una pratica ormai consolidata da parte dei reclutatori.

Un commento negativo sul precedente datore di lavoro piuttosto che evidenti atteggiamenti aggressivi o post contrari al buoncostume possono valere l’esclusione del candidato. Meglio dunque fare attenzione ai dati sensibili e mostrare sempre il nostro profilo migliore.

 


Fonti: www.bollettinoadapt.it; www.ilsole24ore.com; www.panorama.it

Credits: Immagine di copertina

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