Barbara Kruger è un’artista rinomata a livello internazionale grazie alle sue opere di pop-art, ma anche concettuali, che iniziò a realizzare a seguito dai suoi anni lavorativi come graphic designer per molte riviste.
Le opere più antiche risalgono al 1969 e si concretizzano in grandi intrecci di filati, perline, paillettes, piume e nastri, che esemplificano il recupero femminista dell’artigianato durante questo periodo. Insoddisfatta della sua produzione e del suo distacco dalle sue crescenti preoccupazioni sociali e politiche abbandonò l’arte fino al 1977, quando realizzò una serie di dettagli in bianco e nero degli esterni architettonici accoppiati con le proprie ruminazioni testuali sulla vita di chi vive all’interno. Pochi anni dopo, smise di scattare fotografie e cominciò a utilizzare immagini trovate per lo più da fonti mediatiche americane, alle quali unisce parole collegate direttamente al soggetto scelto.
Il suo pezzo senza titolo realizzato nel 1980 e conosciuto comunemente come “Perfect”, parola impressa lungo il bordo inferiore dell’immagine, ritrae il busto di una donna che con le mani in preghiera evoca la Vergine Maria, quasi a mostrare l’incarnazione della femminilità sottomessa. Questi primi collages in cui Kruger sfrutta le tecniche che aveva perfezionato negli anni da grafica, le permettono di inaugurare opere con continue provocazioni politiche, sociali e soprattutto femministe sulla religione, il sesso, gli stereotipi razziali e di genere, il consumismo, l’avidità corporale e il potere. Queste composizioni rigorosamente composte funzionano con successo su qualsiasi scala. La loro ampia distribuzione sotto forma di ombrelli, borse, cartoline, tazze, magliette, poster, ecc., confonde i confini tra arte e commercio e richiama l’attenzione sul ruolo della pubblicità in pubblica discussione.
Negli ultimi anni Barbara Kruger ha esteso il suo progetto creando installazioni in gallerie, musei, edifici comunali, stazioni ferroviarie e parchi, nonché su autobus e cartelloni pubblicitari in tutto il mondo. Le pareti, i pavimenti e i soffitti sono coperti da immagini e testi che inglobano e addirittura aggrediscono lo spettatore.
Utilizzando immagini fotografiche ritagliate su larga scala in bianco e nero sovrapposte con aforismi rauchi e spesso ironici, stampati all’interno di spazi simili alla barra spaziatrice di un computer, Barbara Kruger è riuscita a raggiungere un alto livello di apprezzamento individuale e al contempo collettivo, esplicitando i contenuti di polemiche che sono perdurate fino ai nostri giorni.
Fonti:
http://www.arthistoryarchive.com