CASTELGRANDE (POTENZA) – Un piccolo santuario sorge vicino ad un torrente, che scorre indisturbato; la piccola chiesetta è nascosta da rigogliose querce che donano a questo luogo un’aria magica, capace di riportare indietro nel tempo e nella storia chi si imbatte in questo piccolo locus amoenus. È il Santuario di Santa Maria di Costantinopoli, costruito su un nucleo bizantino, dedicato al culto della Madonna Nera e tappa del pellegrinaggio delle Sette Sorelle, che interessa alcuni santuari di Campania, Basilicata e Puglia. Questo santuario lega a sé una tradizione popolare, ancora oggi diffusa nel paese: una signora vestita di bianco apparve ad una pastorella muta e le consegnò una lettera per il parroco del paese, nella quale veniva chiesta la costruzione, proprio nel luogo dell’apparizione, di una cappella intitolata a S. Maria di Costantinopoli. Dopo l’incontro, la giovane tornò a parlare.
Tuttavia, questo bene prezioso è stato gravemente danneggiato dal terremoto del 1980 e attualmente sono visibili solo alcuni affreschi lasciati alle intemperie, il campanile, notevolmente danneggiato, alcuni ambienti del convento adiacente al santuario e la parte sinistra di questo, con i relativi affreschi. A lungo sono stati raccolti progetti e iniziative per ridare voce a questo patrimonio artistico.
Ed ecco, come una coincidenza astrale, una proposta singolare. A qualche centinaio di metri sorge sulla cima del monte l’Osservatorio astronomico del Mezzogiorno. È stata portata all’attenzione, quindi, una curiosità legata all’astronomia: ogni anno, al solstizio d’inverno, un raggio di sole attraversa la finestra dell’abside e colpisce l’altare. Il riscatto: storia e astronomia; scienza e leggenda; curiosità e conoscenza.
Il direttore dell’Osservatorio Astronomico di Capodimonte, Massimo Della Valle, gestisce il telescopio di Castelgrande ed è stato scelto per lavorare a un progetto volto al rilancio, insieme all’Università della Basilicata, di questa pieve.
“Ce la possiamo fare, non appena la Regione sbloccherà i fondi europei. Certo, bisognerà cambiare completamente mentalità rispetto al passato. Punteremo sullo studio delle grandi esplosioni cosmiche e sulla mappatura dei detriti spaziali, i frammenti di satelliti che possono ostacolare le rotte dei nuovi lanci.”
Della Valle spiega che il progetto verrà portato a termine in 4/5 anni e che il costo sarà elevato. Ma questo, non piega l’ottimismo nelle sue parole.
“Si tratta di un progetto che ne coinvolge al suo interno altri: rilanceremo l’Osservatorio, faremo crescere l’offerta turistica e daremo nuovamente voce a un pezzo di storia, che da tempo, purtroppo, non veniva più ascoltato. Ma soprattutto questo progetto vuole riportare la passione per le stelle al centro di tutto. Insomma, far conoscere anche ai giovani, ai bambini quanto di bello e emozionante vi è sopra di noi”
Infatti, negli ultimi anni, lo stesso osservatorio ha subito un brusco arresto, sia a causa delle nuove strade che la scienza ha iniziato a percorrere, sia per la crescita preoccupante dell’inquinamento luminoso; basti pensare che sotto un cielo stellato si possono vedere fino a tremila stelle, mentre oggi in una città di dimensioni medie, si arriva a poco più di una trentina.
Della Valle però, si presenta pieno di speranza e fiducioso in questo rilancio:
“L’Istituto nazionale di astrofisica ha vinto la competizione internazionale per la costruzione di uno spettrografo da montare in uno dei telescopi delle Ande Cilene, e così anche l’osservatorio di Castelgrande potrà svolgere un suo ruolo nello studio degli oggetti transienti più brillanti. Sono fenomeni legati alle esplosioni stellari, fondamentali per comprendere l’evoluzione e le dimensioni dell’universo. Da quelle esplosioni, da quella cucina, è nata la materia di cui è composta la vita: “Siamo figli delle stelle”, cantava Alan Sorrenti e, non so quanto consapevolmente, diceva una verità scientifica”.
Ma i “transienti” di natura stellare non saranno gli unici protagonisti di questa nuova visione: l’Osservatorio dovrà avviare anche un’attività di sky-watching per monitorare i detriti spaziali, cioè frammenti di satelliti obsoleti che perdendo quota sono destinati a precipitare sulla Terra o a complicare le missioni spaziali future.
Massimo dell’Ora, ricercatore dell’istituto nazionale di astrofisica racconta:
“Sono oggetti che vanno da pochi centimetri a qualche metro di dimensione e che viaggiano a migliaia di chilometri orari. In giro ce ne sono almeno quarantamila. Qualche anno fa i cinesi hanno fatto esplodere per esperimento un loro satellite: ancora si pentono di quel test, perché hanno disseminato l’orbita di rifiuti pericolosi”.
Il progetto, per ultimo, offrirà una possibilità anche agli studenti, e Guido Masiello, professore associato della Scuola di Ingegneria dell’Università della Basilicata spiega in che direzione ci si muove all’interno dell’ambito universitario: la possibilità di sviluppare anche nuove specializzazioni per gli studenti dando loro l’opportunità di apprendere una scienza e un lavoro.
Una possibilità per tanti, per tutti: per amor delle stelle.
Fonti: www.repubblica.it
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