Parliamo ancora una volta d’istruzione. Secondo la classifica stilata dall’Eurostat (l’ufficio statistico dell’Unione Europea) sul numero dei laureati ogni anno, l’Italia occupa il penultimo posto tra i Paesi europei, appena alle spalle della sola Romania.
Secondo i dati forniti, in Italia gli adulti tra i 30 e i 34 anni che hanno completato il percorso universitario sono soltanto il 26,2%. Una percentuale decisamente bassa che colloca il Nostro Paese nelle ultime file.
Insomma: che disastro!
E pensare che, dal 2002 al 2016, il numero dei laureati in Italia è raddoppiato. Ma è chiaro ormai che soltanto pochi riescono effettivamente ad ottenere quel tanto sperato «pezzo di carta» che rimane, quindi, un sogno o forse un miraggio. In altre parole, soltanto un italiano su quattro completa la propria formazione e raggiunge il più alto gradino del livello d’istruzione. Ma non solo: analizzando i dati risulta che, ad un anno dalla laurea magistrale, il 73% dei laureati al Nord trova lavoro a fronte del 54% di quelli del Sud. Si registra anche un calo del numero degli iscritti pari al 30% per il Sud, al 22% per il Centro e il 3% per il Nord.
Questo vuol dire che circa 70mila studenti decidono di non continuare gli studi, anche se forte è per il Nostro Paese la mobilità territoriale. Ma chi si sposta e per quali ragioni? A spostarsi, quasi sempre, sono i giovani del Sud Italia che risalgono la Penisola nel tentativo di far carriera e trovar lavoro. In percentuale, a lasciare le regioni del Meridione sono il 20% degli studenti a fronte del 3% degli studenti del Nord Italia. Insomma, il secolare divario tra Nord e Sud Italia continua ad emergere attraverso le statistiche che, infatti, riflettono lo stato di (buona) salute del Nostro Paese.
Certo, il rischio della mobilità è che si possano creare dei veri e propri vuoti. Pochissimi, terminati gli studi, decidono di ritornare al proprio paese d’origine e chi lo fa spesso, il più delle volte, salvo le dovute eccezioni, finisce per accontentarsi di un lavoro che non è quello per cui ha studiato anni e anni. Ma, da un altro punto di vista, la mobilità finisce per generare nuove opportunità, non solo a livello universitario ma soprattutto a livello lavorativo. Chi ha scelto di intraprendere i propri studi lontano da casa, è anche chi è pronto, per spirito d’avventura o per semplice abitudine, a spostarsi nuovamente per motivi lavorativi.
Ma questo divario è destinato ad allargarsi sempre di più, con il rischio che al Centro -Sud rimangano solo gli anziani. È questo che l’Italia vuole veramente?
Non si tratta solo di numeri, i dati sono indicatori di una situazione preoccupante, a tratti insidiosa se non si decide di agire. Un dato clamoroso che rende i giovani italiani poco competitivi e che pesa come un macigno sulle spalle del Nostro Paese. Dunque, cosa fare? Occorre intervenire e anche al più presto con nuovi investimenti sul diritto allo studio e nuovi progetti.
C’è ancora molto da fare, nonostante l’Italia venga citata tra i paesi, come la Danimarca, il Belgio, la Francia, il Lussemburgo, la Lituania, che continua positivamente ad adempiere al comune impegno sul Piano Europa 2020 circa l’educazione e l’istruzione della popolazione.
Eppure, tra la Lituania che è al primo posto con oltre il 58% dei laureati e l’Italia con il solo 26,2% c’è un gap che potrebbe sempre più allargarsi creando un divario difficilmente incolmabile. Unico aspetto per cui il Nostro Paese è in linea con gli altri Paesi europei, classifica a parte, è che a laurearsi maggiormente sono ancora una volta le donne con il 32,5% contro il 19,9%.
Il cammino è ancora lungo e chissà che per il 2020 il Nostro Paese non abbia centrato l’obiettivo!
FONTI: ec.europa.eu; www.ilsole24ore.com