Il Faro

Si erano dati appuntamento nel tardo pomeriggio. Nessuno di loro voleva perdersi il tramonto. Gli altri continuavano a ripetere che la festa sarebbe stata “fantastica”, che ci sarebbe stata “tanta gente”, che avrebbero ballato “tutta la notte” e si sarebbero ubriacati a tal punto da dimenticare persino cosa fosse un’alba.
Eppure loro tre volevano stare soli, immobili, a imprimere nella mente lo spettro di colori di un tramonto a cui segue una notte a cui segue un’alba. Erano arrivati prima proprio per godersi l’illusione di una serata così, di una noiosa serata uguale a tutte le altre. Solo loro tre. Non si erano accorti di non esserlo già, dell’uomo con camicia a scacchi, pantaloni verde muschio e berretto da pescatore che li fissava dalla scogliera più a Nord.
Grattandosi l’ispida barba rossiccia strizzava gli occhi per osservare meglio i ragazzi e il faro e il mare e la scogliera stessa. Sapere con esattezza cosa cercare non lo aiutava di certo e, fino all’inizio della festa, non sarebbe stato prudente per lui avvicinarsi. Mentre armeggiava con ami ed esche, simulando una confidenza che non gli apparteneva con quegli strumenti, riconobbe i due ragazzi.
Uno era Greg, il figlio dello sceriffo, all’ultimo anno, interrogato due volte perché conosceva molto bene la vittima. Erano stati insieme in quarto, qualche mese, nulla di serio, una relazione piatta e tranquilla. Eppure a lui Greg era sembrato da subito un ragazzo capace solo di sentimenti e reazioni smisurate. Tutto o niente. Troppo o troppo poco. Perciò quel «nulla di serio» non l’aveva convinto e non lo convinceva. L’altro era Rick, il suo migliore amico, nipote del sindaco, orfano di entrambi i genitori. Era l’opposto di Greg: misurato, controllato. Non appariva mai davvero felice, mai davvero triste. Sembrava comodo ritenere che la malinconia pacata che gli offuscava lo sguardo fosse stata la conseguenza della sua tragica vicenda famigliare. Ma non era così. Lui era rimasto uguale a prima e, sebbene durante gli interrogatori sembrasse uno che aveva studiato la parte, Bob si era accorto che non era così, che Rick era sempre uguale.
Quando era vicino a Greg, però, i suoi occhi erano meno scuri, le sue labbra più rilassate e parlava anche con altri se in compagnia dell’amico. Per fortuna erano molto spesso insieme.

Mentre il sole era calato a picco oltre l’orizzonte e cominciavano ad arrivare i ragazzi delle cittadine vicine, Bob si rese conto di non essersi concentrato sul terzo membro del trio, la ragazza che non aveva nemmeno riconosciuto.
Ripose in fretta la canna da pesca e si maledisse mentalmente per non essersi soffermato sull’unico elemento a lui estraneo. Non poteva avvicinarsi alla festa senza sembrare un maniaco o, peggio, uno sbirro. Perciò cercò di appostarsi con il binocolo tra gli scogli e scrutare i movimenti intorno al faro. La musica, fin troppo alta, arrivava distintamente ai suoi timpani. «Sono troppo vecchio per queste cose», bisbigliò sottovoce sentendosi il protagonista di un film che aveva visto in passato e del quale non ricordava il titolo. Mentre guardava una coppietta appartarsi nel bosco e un ragazzino dai capelli ricci poggiarsi a una roccia e vomitare, cercò di alienarsi da simili dettagli, fare mente locale e ricordare almeno l’aspetto della ragazza.
Era quasi sicuro avesse capelli lisci e scuri, anche se forse erano rossi e ondulati.
Immediatamente si stupì dell’ampio margine che intercorreva tra le due possibilità.
Si stupì perché non ricordava nemmeno il colore del vestito, se si trattasse poi di un vestito o indossasse un paio di jeans.
Non ricordava nemmeno se ci fosse davvero o no.
E quest’ultima consapevolezza gli provocò un brivido lungo la spina dorsale.
No, c’erano solo Greg e Rick. Nessuna ragazza. Ne era certo.
L’unica ragazza che avevano mai frequentato insieme ormai era morta.

 

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