In occasione della festa della mamma, un tema artistico da dedicare a tutte le madri potrebbe essere quello delle statue dello scultore britannico Henry Moore, che nel corso della sua vita artistica è riuscito a trasformare rigide e fredde pietre in delicate e morbide figure di donne madri e materne.
Nato a Castleford, Yorkshire, nel 1898 e di origine irlandese, lo scultore frequentò dapprima la scuola d’arte di Leeds e poi il College of Arts a Londra, quest’ultimo grazie a una borsa di studio. Era contemporaneo, tra gli altri, di Salvador Dalì, e come lui aderì alla corrente surrealista, che si può vedere nella maggior parte delle sue opere, caratterizzate da forme molto morbide, curvilinee e delicate. Uno dei suoi temi fondamentali e più cari, e di cui si parlerà in questo articolo, è proprio quello della maternità. L’artista inglese visse entrambe le guerre mondiali, rimanendo colpito soprattutto dalla devastazione e dall’atrocità della seconda, quando per sfuggire ai bombardamenti aerei molte madri si rifugiavano con i loro bambini nei rifugi e nelle stazioni della metropolitana, che mai come in quel periodo si rivelò uno spazio fondamentale per la sopravvivenza.
Moore rimase molto colpito dall’amorevolezza e dalla dolcezza con cui quelle donne cercavano di tranquillizzare e confortare i loro bambini (i padri erano tutti nell’esercito) e rimase in lui il desiderio di esprimere quella delicatezza, quella pazienza e quel senso di pace che è e che trasmette il senso materno. Tutte queste caratteristiche, infatti, le possiamo trovare e ammirare nei suoi lavori di pietra, sempre morbidi e dalle linee tondeggianti e curve. L’intento dello scultore, nella creazione di una sua opera, era quello che quasi si confondesse, che continuasse nel paesaggio naturale cui la statua sarebbe stata esposta (egli, infatti, esponeva soltanto in spazi aperti e con molta natura). Henry Moore voleva inoltre far emergere dal “cuore pulsante” della pietra i sentimenti, le emozioni e le passioni che queste donne, queste madri trasmettevano.
Questa sua quasi ossessione per la figura femminile della madre lo colpì così tanto e così nel profondo ch’egli durante tutta la sua carriera artistica non raffigurò mai – o quasi – figure di sesso maschile. Centro della sua ispirazione e motivo per lui di fascino rimaneva il delicato corpo femminile, sia che fosse madre sia il contrario. E, forse, i lettori concorderanno con noi che il suo fine di trasformare della dura e fredda pietra in calore materno, quasi soffice, possa dirsi ben riuscito.