In Cina ed in Vietnam servono il vino di serpente, in Cambogia i ragni fritti, in Europa le creste di gallo, negli USA i testicoli di toro fritto, in Corea il vino di topo… La ricercatezza culinaria apre i propri orizzonti verso piatti sempre più strani ed esotici, spinta, soprattutto, da curiosi con il desiderio di assaggiare nuove pietanze. Questa pratica però, non è diffusa esclusivamente ai giorni nostri, infatti, nel ‘700 era molto nota a William Buckland: l’assaggiatore di… tutto!
William Buckland nasce nel 1784 in Inghilterra e, dopo la laurea ad Oxford, diventa un famoso geologo, membro della Geological Society of London e della Royal Society. Ma, nonostante riversasse molto impegno negli studi paleontologi, la storia non lo ricorda per questo motivo: diventò ben presto molto famoso per la sua passione di assaggiatore, in particolare per il suo obiettivo di mangiare un esemplare di ogni specie vivente.
Nella sua carriera da assaggiatore assaporò vari animali, come una scimmia, una pantera, numerosi anfibi e rettili, un coccodrillo, e, secondo il suo giudizio, i peggiori erano la talpa ed il moscone.
Gli aneddoti più famosi raccontati sul suo conto sono due; il primo narra di come il Dr. Buckland, trovandosi in una cattedrale, abbia assaggiato il liquido rosso che si trovava sul pavimento – da tutti ritenuto sangue di santo – ed affermato che si trattasse di urina di pipistrello. Il secondo, invece, lo descrive a casa del collezionista di cimeli Lord Hardcourt, dove, trovandosi davanti il cuore di Luigi XIV, non resistette alla tentazione e lo mangiò.
A parte questi eccentrici aneddoti, Buckland fu un ottimo scienziato: fu il primo a descrivere le ossa enormi di un dinosauro, ritrovato in Inghilterra e risalente al Giurassico, dandogli il nome di Megalosaurus. Solo successivamente, lo zoologo Gideon Mantell rinominò l’esemplare Megalosaurus Bucklandii in suo onore.
Morì di tubercolosi nel 1856.
Buckland non fu il solo ad avere il pallino per la zoofagia: condivideva questa passione con il figlio Ron, e, probabilmente, se fossero vissuti ai giorni nostri, sarebbero sicuramente diventati ottimi critici gastronomici.
Credits immagini: copertina