Lucia Albani Avogadro nasce a Bergamo nel 1534 e muore a soli trentaquattro anni nel 1568. Era figlia di Laura Longhi e Giangirolamo Albani, generale della Repubblica Veneta nel 1555. Durante la giovinezza, si possono notare attorno alla figura di Lucia molti personaggi noti alla cultura veneziana – come Giovanni Bressani e Alessandro Allegri – che la istruirono attraverso la frequentazione dei più illuminati salotti dell’alta società bergamasca.
Nel 1550, Lucia Albani si trasferì a Brescia a seguito alle nozze con il nobile Faustino Avogadro, del quale era cugina di terzo grado. La tradizione vuole che entro questo periodo o pressoché attorno ai primi anni del matrimonio, la giovane avesse già vissuto la propria breve esperienza di poetessa petrarchista. Il canzoniere di Lucia Albani fu pubblicato nel 1903 da Arnaldo Foresti accompagnato da una biografia della poetessa. Il canzoniere di Lucia entrò in possesso del cugino di lei Claudio Albani che, dopo aver apportato alcune correzioni, ne avrebbe commissionato l’edizione al poeta e disegnatore Giovanni Fortunato Lolmo. Sulla base di alcune ricerche, gli studiosi hanno dedotto che le liriche del piccolo canzoniere sono state composte in giovane età prima del matrimonio con l’Avogadro.
I due anni successivi furono segnati da eventi tragici e luttuosi: i fratelli dell’Albani iniziarono una faida con un’altra importante famiglia bergamasca, quella dei Brembati, assoldando sicari a Cremona perché attentassero alla vita di uno dei suoi membri. Pare che al complotto fosse partecipe anche il marito dell’Albani, Faustino Avogadro, che ospitò il cognato Giandomenico in fuga da Bergamo, poi condannato al bando nel 1563 e che aveva tra i suoi servitori Ettore Piacentino, uno degli esecutori dell’assassinio Brembati. Il fatto ebbe delle gravi conseguenze anche nei confronti di Giangirolamo Albani, colpito dalla stessa pena dei figli. Lucia Albani, successivamente, seguì il marito a Ferrara, dove risiedette presso la corte estense, avendo egli assunto un incarico per conto del duca di Savoia. Il soggiorno ferrarese fu interrotto dalla morte del marito nel 1564, subito dopo la quale Lucia si trasferì a Brescia fino alla morte.
Presumibilmente durante uno dei soggiorni veneziani, il talento della giovane bergamasca fu apprezzato e messo in luce da alcuni degli intellettuali che animavano la vita culturale della Laguna. Il primo fra coloro che si interessarono all’Albani fu Girolamo Ruscelli giunto a Venezia nel 1584 e fu forse per il suo interesse che le poesie dell’Albani cominciarono ad essere pubblicate sui florilegi dell’epoca dove il nome della poetessa fu accostato a quello di autrici di larga fama. Anche a Brescia, Lucia Albani fu oggetto di attenzione, infatti Marco Bona scrisse un’operetta nel 1556 in cui argomentava l’eccellenza della donna. Anche il capitano di Brescia Giovan Matteo Bembo elogia la poetessa non solo dal punto di vista esteriore, ma ne sottolinea anche le doti intellettuali.
Il dato più interessante che si desume dalla perizia filologica di Foresti è che l’Albani scrisse o almeno aveva l’intenzione di scrivere un canzoniere. Pur dovendo accreditare la copia tratta da Foresti in mancanza dell’originale, l’assetto in cui ci è giunta la sua opera risponde ad un progetto editoriale voluto dalla stessa autrice, anche se realizzato solo parzialmente. Dall’analisi dell’opera emerge che, da una parte l’autrice doveva avere coscienza artistica di sé, e dall’altra che aveva dei modelli di riferimento.
Per quanto riguarda la prima considerazione, scrivere e raccontare in versi la propria esperienza amorosa equivale a dichiarare la consapevolezza della propria identità artistica e quindi rivendicare un ruolo che, solitamente, era riservato all’altro sesso. Forse, Claudio Albani aveva compreso tale consapevolezza dal momento in cui pose in apertura del canzoniere un sonetto che si trovava più avanti del manoscritto originale, quasi si trattasse di una presentazione non tanto dell’epoca, quanto dell’autrice stessa.
Claudio Albani modificò solo marginalmente l’ordine delle liriche, che si presenta conforme al modello petrarchesco. Numerosi sono i calchi, sia stilistici, sia tematici che testimoniano la conoscenza approfondita delle poesie di Petrarca, ma contrariamente a tali versi, la prima sezione di rime non testimonia un’esperienza amorosa felice, ma contrastata, con un’alternanza di momenti sereni e di sfoghi passionali, con una varietà che ha riscontro anche sul piano compositivo e tecnico. La seconda sezione è la denuncia di un’estenuata sofferenza: non tanto per la perdita dell’amato, quanto per la perdita d’amore, quindi della fedeltà dell’amato.
Lucia Albani fu una delle figure femminili emergenti nel XVI secolo e si può concludere riprendendo il titolo di questo articolo: Lucia Albani, grande artista e grande donna!
FONTI:
– “La scrittura femminile a Brescia tra il Quattrocento e l’Ottocento” a cura di Elisabetta Selmi;
-“Rime di diversi eccellenti autori bresciani” di Domenico Mantova.