Io sbuffo perché
capito in libreria
-saranno state le tre-
e m’imbatto, quasi inciampo
sopra un muro assai colorato
di troppo facili amori,
titoli inneggianti al sesso
per turbati giovani umori.
Quasi sparite le poesie di Keats
da questi scaffali colmi
d’improvvisati emuli beats:
fumi di sigarette,
acidi fiumi d’alcol
e storie maledette.
Lo sguardo del commesso
stanco, dall’aspetto dimesso
mi schiude sacrosanta verità:
oggi è così che il mondo va,
ragazze che sognano
principi in giacca di pelle,
Tiffany per farle più belle
mentre le più grandicelle
desiderano grigie, fosche passioni.
E no, nessuna colpa dopotutto,
nessun colpevole, niente ammissioni.
Sbuffo, incasso il colpo e accetto,
sigillo un poeta ignoto nel sacchetto,
lo scontrino farà da segnalibro.
Ma eccoti infine solitaria
come il raggio che t’illumina,
t’abbandoni sognante alla panchina.
Lo sguardo sfida l’orizzonte,
sul foglio una mano tremante
ricama delicati versi
o compone saggia una storia,
e il quadernetto aperto al cielo
si fa scudo per timidi segreti.
Ti leggi, ti sfugge un sorriso.
E ti leggeremo mai
noi che rimaniamo a terra?
Vorrò ricordarti sorridere,
quando realizzerai i tuoi sogni.