di Federico Lucrezi
Sipario. Si spengono le luci.
Il pubblico applaude.
No. Silenzio di tomba.
Non la luce di un telefono ancora acceso, non uno spettatore ritardatario che raggiunge all’ultimo istante il proprio posto.
La sera del 10 aprile 2017 il Teatro del Popolo di Gallarate è vuoto. Inesorabilmente vuoto.
Giovanni Mongiano, torinese classe 1949, sale sul palco.
La mattina dopo Massimo Gramellini lo racconterà nella sua rubrica sul Corriere rendendo la vicenda un vero e proprio caso ripreso da tutti i giornali. Qualcuno ci vede un gesto coraggioso, qualcuno applaude la dedizione.
La ragione per cui questa storia ci è piaciuta così tanto è il turbinio di sentimenti contrastanti che si mescolano nel piccolo teatro di Gallarate la sera del 10 aprile.
C’è la spontaneità di un uomo, innanzi tutto. Giovanni Mongiano sul palco ha compiuto il gesto più naturale che potesse compiere: ha cominciato a recitare.
C’è la malinconia, inevitabile. La malinconia dell’attore che si spende nel suo monologo senza un interlocutore; è d’altra parte innegabile che il teatro quale via comunicativa richieda un pubblico, un destinatario della comunicazione. La malinconia di chi ha letto la notizia di un uomo solo stoicamente in piedi sul suo palco.
C’è il vago senso di colpa degli abitanti di Gallarate, e non solo, che si chiedono dove eravamo quella sera?
C’è la preoccupazione di chi coltiva l’interesse per il teatro e per l’arte in generale che non può non vedere una grande sconfitta per tutti nella serata del 10 aprile.
C’è l’ammirazione, infine. L’ammirazione sconfinata per un uomo che per una sera rappresenta qualcosa di più per tutti noi.
Giovanni Mongiano, torinese classe 1949, sale sul palco.
Un gesto semplice, forse insignificante, ma che ci insegna cosa vuol dire dedicarsi anima e corpo a qualcosa. La sera del 10 aprile Giovanni Mongiano in un teatro in cui non c’era nessuno ha tenuto una lezione per tutti. Due le parole chiave: passione e responsabilità.
La passione per l’arte, certo, ma più in generale per il proprio lavoro, qualsiasi esso sia. Quella passione che porta la consapevolezza di fare ciò che si fa per se stessi prima ancora che per il resto del mondo. Quella passione che quando diventa un ingrediente fondamentale di quello che facciamo, qualsiasi cosa sia, permette il salto di qualità, permette di trasmettere veramente qualcosa anche quando siamo da soli sul palco della vita.
La responsabilità di chi non trova scuse. Nessun alibi, nessun passo indietro. Nessuno avrebbe biasimato Giovanni Mongiano se quella sera fosse tornato dietro le quinte, avesse raccolto le sue cose e avesse scelto di proseguire la serata nella pizzeria più vicina con i suoi tecnici delle luci. E invece no. In un mondo sempre a caccia di una scusa valida per non dover fare c’è chi sceglie di fare. E fa. Se non altro per il senso di responsabilità verso se stessi, verso il proprio lavoro, verso tutti quelli che non smettono di credere in ciò che portano avanti con fatica e impegno.
La sera 10 aprile 2017 Giovanni Mongiano, torinese classe 1949, sale sul palco.
È un gesto semplice, una lezione per tutti.