“Si è sempre fatto”, e il bullismo in italia continua a crescere

 

“Ragazzate”, “Scherzi da caserma”, “leggerezze”. Queste sono le parole che circolano, di bocca in bocca, quando in scuole e gruppi un adolescente viene preso di mira da coeteanei rosi dal desiderio di piacere al gruppo, al branco che fa sentire forti e al sicuro. Nella vita di ciascuno si può ritrovare qualche esempio, dall’una o dall’altra parte. Probabilmente anche episodi simili a quello che ha visto protagonisti quindici studenti, tra i 15 e i 16 anni, di un liceo di Cuneo. L’occasione è quella di una gita a Roma, una notte di quelle in cui ci si sente liberi e i professori sono distratti. Ci si ritrova tutti nella stessa stanza, si scherza, si gioca, si beve. Troppo, probabilmente. Certo è che la risata cambia tono, e uno dei ragazzi si trova al centro di attenzioni non gradite: denudato e deriso, “addobbato” vergognosamente con dei marshmallow.

Bullismo

Come sempre più spesso accade, il tutto viene immortalato con uno smarthpone, per dare le prove agli altri. Appena rientrati, il video circola. A questo punto, a una storia tristemente già vista accade qualcosa di inusuale, in un paese dove spesso per quieto vivere ci si volta dall’altra parte invocando le “ragazzate”. La preside, Germana Muscolo, ne viene informata. E lei non è d’accordo. Convoca tutti i 14 bulli e li sospende per un periodo tra i 5 e i 15 giorni, con la prospettiva di un 4 in condotta. Che, in concreto, significa la bocciatura.

I genitori, però, la pensano diversamente. Quella riservata ai loro figli è una punizione abnorme, in fondo è, appunto, una “ragazzata”. Una bocciatura costa alle famiglie, lamentano, e informano persino La Stampa di Torino. Non omettono o minimizzano i fatti, ma la portata, perchè “si è sempre fatto”. Che il bullismo sia un fenomeno non nuovo e soprattutto comune, lo denunciano anche i dati dello specifico dossier diffuso da Telefono azzurro, secondo il quale nel 2016 si è verificata una media di un caso evidente di bullismo al giorno, mentre i dati Istat parlano di più del 20% dei teenager come vittima di bullismo. Episodi che sono però esplosioni di situazioni di disagio dalle radici profonde, e spesso radicate da un lungo periodo di tempo. Un fenomeno che si moltiplica esponenzialmente se al bullismo delle violenze fisiche si associa il cyberbullismo, l’attacco via social e internet, mezzi naturali dei nativi digitali. Situazioni che possono portare a stati patologici reali, attacchi di panico e bassa autostima, quando non spingere ad azioni autolesioniste o persino al suicidio.

Bullismo

Un fenomeno che genera reazioni contrastanti. Da un lato i media sembrano prestare maggiore attenzione, e fenomeni di bullismo, senza sentimentalismi, vengono sempre più raccontati. Si pensi a film come “Un bacio” di Ivan Cotroneo, perfetta sintesi dell’eterogeneità di vittime e carnefici: Il ragazzo omosessuale, la ragazza tacciata di essere “facile”, quello troppo solitario. Spinto a farsi a propria volta violento fino a un punto di non ritorno, schiacciato dal timore dell’umiliazione. Vicende tutt’altro che lontane dalla realtà, cui il parlamento sta tentando di porre un argine con un apposito DDL approvato dal Senato lo scorso febbraio che prevede la convocazione dei bulli da parte del questore.

Alle iniziative legislative e a quelle di alcune lodevoli realtà scolastiche fanno però da contraltare molto lassismo e reazioni, soprattutto da parte dei gruppi familiari, tendenti alla giustificazione. In nome, è facile pensare, dell’esigenza di proteggere la propria reputazione sociale: un fenomeno che in certa misura rispecchia ciò che muove i loro figli e che dimentica quanto segnante, per le vittime ma anche per chi il bullismo lo pratica e lo osserva, possano essere episodi simili. Fino a che nella quotidianità si minimizzano episodi di questo tenore, viene da chiedersi, quale utilità concreta possono riscontrare le azioni istituzionali, i corsi scolastici, i suggerimenti alla denuncia?

Fonti: La Stampa, Telefono Azzurro, Istat, DDL Senato

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