“Ora abbiamo gli occhi, gli occhi … un bel paio di occhi di fanciullo.”[1]
Queste sono alcune delle terrificanti parole rivolte al giovane Nataniele dall’avvocato Coppelius. Stiamo parlando del racconto di E.T.A. Hoffmann del 1815, L’uomo della sabbia. La trama è semplice: il protagonista, il suddetto Nataniele, racconta le vicende traumatiche che ha vissuto da piccolo a causa del perfido avvocato Coppelius, col quale il protagonista identificava il pauroso uomo della sabbia, e che dopo anni sembra essere tornato nella sua vita apposta per perseguitarlo, sotto il falso nome di Giuseppe Coppola, venditore di lenti. La fidanzata di Nataniele, Clara, che incarna la razionalità, tenta di convincere l’amato che si tratti di coincidenze e che i fatti vissuti da bambino (Nataniele ha assistito a un esperimento alchemico e alla morte del padre per mano dell’avvocato) sono stati distorti dalla sua fantasia fanciullesca. Dopo un breve soggiorno nella casa di famiglia, Nataniele torna in città per proseguire i suoi studi e finisce per innamorarsi della figlia di un suo professore, vista attraverso un cannocchiale vendutogli da Coppola. Si scoprirà poi che la ragazza in questione, Olimpia, è un automa, vivificato solo dagli occhi che Coppola aveva rubato a Nataniele tramite il cannocchiale. Ciò porta il protagonista alla pazzia e alla morte suicida.
Tale racconto offre molteplici spunti di riflessione, ma quello su cui ci si soffermerà in questa sede è il senso del fantastico che “è l’esitazione provata da un essere il quale conosce soltanto le leggi naturali di fronte a un avvenimento apparentemente soprannaturale”[2]; una via di mezzo tra lo strano e il meraviglioso, e la cui prima condizione è “l’esitazione del lettore”[3]. Questa esitazione viene mantenuta dall’autore, che sfoggia così la sua competenza nella tecnica narrativa, per quasi tutto il racconto: Hoffmann inizia con la tecnica del racconto epistolare, ma poi prosegue con un narratore esterno alla vicenda, alla quale è collegato solamente per via di Lotario, fratello di Clara, che sembra avergli fornito le lettere. Tale narratore fa una lunga digressione su quale sia il miglior modo di iniziare una storia. Ciò crea un effetto straniante nel lettore e al tempo stesso ne ridesta l’attenzione. Il dubbio serpeggia nella mente del lettore: è forse Nataniele un pazzo? A supportare tale tesi vanno anche le parole di Clara:
“[…] nel tuo animo infantile, il pauroso uomo della sabbia […] si collegò con il vecchio Coppelius, il quale […] per te rimase il mostro fantastico, pericoloso soprattutto per i fanciulli”[4].
Ma nella seconda metà del racconto non è Nataniele a raccontare la vicenda di Olimpia, e al momento della sua morte il narratore esterno afferma che Coppelius era lì.
Ciò confermerebbe il soprannaturale? O si tratta ancora di una coincidenza? Con grande maestria Hoffmann continua a far dubitare il lettore, lasciandogli un senso di angoscia senza pari.
Fonti:
E.T.A. Hoffmann, L’uomo della sabbia e altri racconti, traduzione di Gerardo Fraccari, Oscar Classici, Arnoldo Mondadori Editore, 1987, Milano.
Cvetan Todorov, La letteratura fantastica, Argomenti, n°29, Garzanti, 1977, Milano.
Credits:
[1]E.T.A. Hoffmann, L’uomo della Sabbia e altri racconti, traduzione di Gerardo Fraccari, Oscar classici, Arnoldo Mondadori Editore, 1987, Milano.
[2] Cvetan Todorov, La letteratura fantastica, “Argomenti”, nº 29, Garzanti, 1977, Milano.
[3] Ibidem.
[4] E.T.A. Hoffmann, cit.