La frusta risuona, con il suo caratteristico rumore, sulla pelle della minuta Alina, la quale geme di dolore e, subito dopo, ringrazia il suo aguzzino.
Sembra l’incipit di un qualche perverso film thriller o horror firmato Quentin Tarantino, invece ci troviamo di fronte a una scena reale in un club a tema BDSM, una filosofia che negli ultimi anni si è diffusa dal Regno Unito in tutta Europa con la velocità di un’emorragia.
Alina e Peter sono una coppia stabile sulla trentina, complici in una relazione decennale ormai stabile e consolidata, che ha riscoperto una sessualità via via più disinibita e meno convenzionale. Di giorno sono due insospettabili impiegati di banca con una carriera più che promettente, ma nella loro sfera intima si trasformano in una coppia master-slave.
BDSM è l’acronimo anglosassone che sta ad indicare Bondage Discipline Sadism and Masochism, traducibile in italiano con “sadomasochismo, disciplina e legature”, ed indica una serie di pratiche di natura erotico-feticistica, che i più tradizionalisti definirebbero decisamente poco ortodosse. Il tabù che teneva nascosto questo mondo è saltato con l’avvento del film “50 sfumature di grigio”, pellicola alquanto disprezzata da chi frequenta l’ambiente, poiché fornisce un’immagine parecchio distorta della realtà dei fatti. Dopo la distribuzione nei cinema dell’opera incriminata, questa dimensione parallela della sessualità è diventata molto più accessibile alle masse, con il risultato di attirare tanti curiosi e curiose che però, molto spesso, non hanno nulla a che vedere con la filosofia sulla quale questa disciplina poggia.
Peter e Alina sono presenze costanti in questa realtà da ormai più di cinque anni, da quando ancora il fenomeno non era definibile di massa. La spiegazione del “perché” fornita dalla coppia può aiutare a comprendere, da ambo i punti di vista, qualcosa di avvolto in un alone di mistero e sul quale aleggia il pregiudizio. Ogni relazione di questo tipo, eterosessuale o omosessuale, si caratterizza per la presenza di una figura dominante, detta dom, e una figura sottomessa, detta sub. Il dom, uomo o donna che sia, domina il suo o la sua sub prima di tutto a livello psicologico e, successivamente, anche fisico tramite pratiche come la fustigazione, la costrizione con manette o corde, l’umiliazione pubblica o privata. La componente dominante della relazione prova soddisfazione nell’avere il controllo sulla sua metà, mentre il sub trae il suo piacere non tanto nel venire usato in tali termini, quanto nell’essere la fonte del piacere del suo “superiore”, nel poterlo appagare.
Esistono livelli diversi di profondità della relazione, “appartenenza” in gergo. Per esempio esistono i rapporti dom/sub in cui ci si limita a vedersi per sperimentare il BDSM senza contatti personali al di fuori dell’incontro, detto “sessione” (questi individui sono chiamati con il termine dispregiativo “sessionisti”). Su un gradino più in alto si collocano le vere e proprie relazioni in cui la coppia decide di ritagliarsi degli spazi in cui praticare BDSM mantenendo però una vita di coppia normale ed egualitaria al di fuori di essi. Più in alto troviamo i rapporti Master-Slave in cui una delle due persone si configura come schiavo/schiava e l’altra come signore o signora, come nel caso di Alina e Peter. Questo tipo di rapporto ha un’ulteriore variante che si chiama 24/7, un rapporto di servitù e dominio propriamente detto, in tutti gli aspetti della vita, ogni giorno. Quest’ultima tipologia è tuttavia concretizzata solo da pochissime persone.
Avendo ora assimilato la chiave di lettura si comprende come la reazione della donna abbia senso e non sia più solo una cosa “folle”.
Autore: Alaster der Peiniger