Chiara e la fuga verso una vita di altissima povertà

Corre l’anno 1211 o 1212, è notte fonda ad Assisi e l’aria di marzo è tiepida. Chiara, una ragazza di sangue blu, sta fuggendo dal palazzo di famiglia. Elude la sorveglianza, supera la cinta muraria e sparisce furtiva tra i vicoli della città. È la figlia del conte Favarone di Offreduccio degli Scifi e di Ortolana. Ha lasciato le comodità e gli agi della sua casa per dirigersi verso la chiesetta di Santa Maria della Porziuncola, a 7km da Assisi.

Chiara è alla ricerca di una nuova vita, lontana dal palazzo, all’insegna della povertà. Ad aspettarla nella chiesetta c’è Francesco; si sono visti segretamente per alcuni mesi e condividono gli stessi ideali di povertà e di ritorno a un Cristianesimo fatto di purezza e umiltà. Chiara è consapevole e decisa della sua scelta, si fa tagliare i capelli e indossa il saio, simbolo dell’irrevocabilità della sua decisione e della sua rinuncia ai beni materiali.

Basilica di Santa Chiara a Assisi dove sono conservate le sue spoglie

Sono anni difficili per la città di Assisi: Papato e Impero sono in continua lotta e i neonati Comuni faticano a emergere in questo clima di instabilità. Sullo sfondo la cultura cortese cavalleresca domina la scena. Il movimento artistico e culturale si è allineato ai valori cristiani: si cantano la generosità e lo spirito di abnegazione, la fedeltà e il rispetto. Ma la realtà è ben diversa da questi ideali: la società è divisa rigidamente in classi, gli umili sono schiacciati dai potenti e ci si uccide di continuo per conquistare terre e potere.

Per Chiara e Francesco è difficile accettare una vita del genere, il loro obiettivo è vivere in un mondo più giusto, con maggiore equità sociale; vogliono annullare le differenze, ripartire le risorse in un’ottica di uguaglianza e parità tra tutti gli esseri umani. Proprio questa scelta di Chiara delude le aspettative della sua famiglia. Avrebbero accettato la sua decisione di entrare in un convento di clausura, ma non quella di condurre una vita errante in compagnia di Francesco, un uomo considerato un matto, un predicatore, un sovvertitore dell’ordine sociale.

Santa Chiara, Piero della Francesca

Ma la famiglia non è l’unico ostacolo: anche la Chiesa ha difficoltà ad accettare la sua visione del monachesimo. Persino il cardinale Ugolino da Ostia, futuro Papa e sostenitore degli ordini minori, cerca di inquadrare le “povere dame” guidate da Chiara nelle norme della disciplina benedettina e di convincerle a mantenersi grazie alle rendite dei terreni ricevuti in dotazione. Chiara è irremovibile, ha una visione diversa di vita conventuale: un monastero aperto al mondo, pronto ad accogliere chiunque ne abbia bisogno. Ed è inflessibile su alcuni principi: la povertà e la carità che devono essere messe alla prova quotidianamente e non con una vita ascetica. Proprio in questo modo, per più di quarant’anni, nella Chiesa di San Damiano ad Assisi, vivono Chiara e le sorelle.

I tentativi di inquadrare Chiara nella regola benedettina si fanno sempre più insistenti e in alcuni frangenti la monaca deve cedere e accettare le regole imposte dalle alte cariche ecclesiastiche. Ma Chiara è stata capace di difendere sempre un principio, il principio più prezioso di tutti: quello dell’altissima povertà.


Fonti: Focus Storia numero 125

Credits: Immagine di copertina

 

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