Ocean tribe (1999): un film on the road sull’ultimo viaggio di cinque amici uniti dal surf e da una vecchia ambulanza.
Noah (Gregg Rainwater), Schwartz (Robert Caso), Jeb (Troy Fazio), Lance (Mark Matheisen) e Bob (Vaughn Roberts) sono i protagonisti di questa pellicola on the road, uniti fin da bambini grazie ad un’ambulanza trasformata in scuolabus dalla madre di Noah. Cinque amici che sarebbero rimasti uniti per sempre come “un branco, un gruppo di mammiferi che viaggiano all’unisono nell’acqua senza alcuna specifica meta”.
Ocean tribe è l’opera prima del regista Will Geiger ispirata alla vera storia del surfista Bob Cook, morto a causa del cancro nel 1991. Nel film è proprio il cancro di Bob che porta il gruppo di amici prima a rinunciare ai capelli lunghi, rasandosi per non farlo sentire a disagio, e poi ad intraprendere un viaggio all’insegna del surf tra le onde di Baja e di Rosalita.
Una storia tutta al maschile dove la vera protagonista diventa l’ambulanza, dipinta con mille colori, che scarrozza i cinque uomini in cerca dell’onda perfetta. La stessa che li osserva in ogni istante: da quando si rasano le folte chiome a quando si prendono a calci per dei vecchi rancori, da quando Bob bacia per la prima volta dopo tanto tempo una donna con il benestare della luna a quando Jeb suona il violino da cui non si separa mai perdendosi nell’orizzonte.
“Se un delfino appartenente a un branco si ammala ed è sul punto di morire gli altri delfini rimangono con lui finché non comincia a inabissarsi. Ho letto una testimonianza su un gruppo di delfini che vivevano lungo la costa messicana, rimasero tre giorni intorno a un loro compagno morente cercando di tenerlo a galla, facevano a turno per portarlo in superficie e farlo respirare fin quando l’oceano non l’ha inghiottito”; questo è lo spirito alla base di Ocean tribe: un branco di delfini che accompagna il compagno malato fino a quando non si abissa nell’oceano.
Un film commovente che tratta un tema così duro come gli ultimi giorni di vita di un amico con grande delicatezza e sensibilità alleggerendo, allo stesso tempo, l’atmosfera con una buona dose di sottile comicità che non risulta mai volgare o forzata ma, al contrario, sembra totalmente spontanea.
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