Non è poi così tanto grave se la lampadina di casa non si accende, ma se è la porta di Brandeburgo a non illuminarsi, la questione si fa certamente più complicata. Se poi ci sono in ballo i rapporti già tesi tra due Stati, la scintilla è pressoché inevitabile.
L’emblematico monumento berlinese che ha segnato la divisione tra le due Germanie durante la Guerra Fredda si trova ancora una volta a fare da spartiacque tra tensioni convergenti. Questa volta il casus belli è il rifiuto della capitale tedesca di illuminare la celeberrima Porta con i colori della bandiera russa in segno di solidarietà con San Pietroburgo, sconvolta dall’attentato terroristico che l’ha vista protagonista lo scorso 3 aprile.
La decisione, presa dal Governo cittadino di Berlino, suscita particolare scalpore poiché gli archi del monumento si erano già tinti più volte in passato dei colori di altre bandiere. A sostegno delle città colpite dai passati attacchi, Berlino non ha infatti voluto esimersi dal far risplendere i colori della bandiera francese, turca, britannica e olandese, elevando la Porta di Brandeburgo a simbolo di solidarietà contro la paura.
Ma perché il bianco, il blu e il rosso proprio non piacciono al Governo berlinese?
San Pietroburgo non è gemellata con Berlino: ecco la prima spiegazione delle autorità tedesche. Ricordiamo però che la Porta di Brandeburgo è stata avvolta e dalla bandiera arcobaleno e da quella israeliana, rispettivamente dopo gli attacchi di Orlando e di Gerusalemme, città non gemellate con la capitale tedesca ma che intrattengono una “relazione speciale con la città”, a detta del Senato berlinese. Proprio la portavoce di questa istituzione Claudia Sünder ha pronunciato le parole di smentita:
Vi posso assicurare che la solidarietà e il dispiacere per gli attacchi terroristici non dipendono dal gemellaggio. Siamo solidali con i cittadini di San Pietroburgo. L’espressione di dolore e solidarietà in questo caso non dipende da relazioni politiche.
«Gli attacchi terroristici capitano sempre più spesso in tutto il mondo. Dobbiamo averci a che fare. Quello che conta non è l’illuminazione della Porta di Brandeburgo, ma l’unità», ha aggiunto la Sünder.
Il concreto black out sembra coincidere con quello più astratto dei rapporti tra la Germania e il Cremlino, inaspriti dall’annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014, dai conflitti nell’Ucraina orientale e dal coinvolgimento russo nella guerra in Siria. Non dobbiamo comunque dimenticare che la Russia rappresenta un tassello non trascurabile della storia tedesca: non pochi tedeschi hanno vissuto nella Germania dell’Est comunista prima della caduta del muro, hanno studiato il russo a scuola, viaggiato nell’Unione Sovietica e si sentono pertanto ancora vicini a Mosca.
Mentre la Porta di Brandeburgo non si è accesa, il mondo mediatico è andato in cortocircuito per la questione e notizia fresca è l’incandescente reazione di Dresda, città della Germania orientale che ha deciso di dipingere la facciata del suo Palazzo della Cultura con i colori della bandiera nazionale russa nella serata di martedì.
Diritto di rendersi ridicoli o di scelta? Ipocrisia o coerenza? Provincialismo o ostilità contro la Russia? Vittime di seconda classe o solidarietà espressa questa volta in maniera meno plateale? A voi l’ardua sentenza sul comportamento di Berlino.
Fonti:
http://www.reuters.com/article/us-russia-blast-metro-berlin-idUSKBN1761YW