Lorenzo Lotto nacque nella Venezia del 1480 una città orgogliosa, opulenta e grande fonte di sviluppo per la formazione artistica. Tuttavia, non sappiamo quale delle botteghe veneziane Lotto abbia frequentato, né a quale artista si sia appoggiato per la sua formazione, ma rintracciamo nelle sue opere un’attenzione alla luce, ai riflessi e alla natura. L’Italia in questo frangente storico si mostrava ricca di artisti, pensiamo a Giorgione, Tiziano, Michelangelo o Raffaello, irraggiungibili e quasi insuperabili, scogli che bloccavano la crescita altrui rendendo spesso la vita di molti pittori tormentata ed insoddisfatta.
Lorenzo Lotto, nonostante un eccellente riconoscimento postumo, riesce ad inserire un qualcosa di decisamente unico e particolare nelle sue opere, che si distacca dalla resa pittorica e dall’intensità dei colori, avvicinandosi al soggetto ritratto: il rebus.
La prima parte della sua vita si concretizza nella ritrattista e possiamo coglierlo nella sua primissima opera legata a realizzare un ritratto del vescovo Bernardo de’Rossi, che, nel 1503, gli diede ospitalità a Treviso, ma che risulta essere privo dei particolari da codificare, che, invece, iniziano ad accennarsi nel ritratto di Lucina Brembati, databile al 1518, in cui osservando la piccola luna sulla sinistra nello sfondo notiamo che contiene due lettere, C e I, che compongono un vero rebus: Lu (ci) na.
Un altro ritratto, esattamente quello di Marsilio Cassotti e della sua sposa Faustina, realizzato nel 1523, rappresenta il primo ritratto nuziale conosciuto in Italia, forse ispirato da stampe nordiche. Il doppio ritratto dei coniugi li ritrae nel momento in cui è ufficializzata l’unione matrimoniale, col marito che sta per mettere l’anello al dito della sposa. La sua condiscendenza è evidenziata dalla testa reclinata. Essi guardano verso lo spettatore, come invitandolo ad essere testimone delle nozze. L’amorino in volo, che sembra benedire l’unione, ne sottolinea anche ironicamente le conseguenze, tenendo sopra le loro spalle un giogo, che simboleggia il vincolo matrimoniale ma anche i doveri di cui essi si fanno carico, giocando sulla derivazione etimologica di “coniuge” dal latino “jugum”. L’alloro però simboleggia la virtù, necessaria per mantenere il vincolo, e la felicità eterna.
Nel 1530 troviamo il Ritratto di giovane gentiluomo. Non si conosce l’entità dell’effigiato e forse gli oggetti rappresentati costituiscono un enigma che ne nasconde il nome. Vestito con una camicia con merletti, e sopra un abito nero con sbuffi, segno di una significativa disponibilità economica, il giovane non è seduto al tavolo: è appoggiato. Al di sopra di esso troviamo dei petali di fiore che simboleggiano la melanconia di cui l’uomo soffre, accompagnati dalla presenza di un ramarro, o di una lucertola, e da fogli piegati vicini ad un calamaio: sono lettere, arrivate o pronte per partire. Ma che libro ha davanti? Tutto ciò che si può dire riguarda le dimensioni del volume e la sua legatura con ribalta, forse con decorazione orientaleggiante. Se si mettono insieme gli elementi forniti dal formato e dalla legatura si ha una sola risposta: quello raffigurato è un registro d’archivio. Si tratta per la precisione di un registro commerciale, il che spiegherebbe l’ingente presenza di lettere. Allora il giovane malinconico è un mercante che legge (e scrive) sì, ma secondo i modi della sua professione, restando addirittura in piedi, solo appoggiato sul gomito sinistro.
Osservando nell’insieme le sue opere sicuramente Lorenzo Lotto è un artista imprevedibile, autonomo, beffardo, che elabora un’espressione figurativa indipendente, difficilmente inquadrabile in una corrente.