Edgardo Mortara: l’ebreo battezzato

“Mi spiace di dirlo: loro sono vittima di un tradimento, il loro figlio Edgardo è stato battezzato e io ho l’ordine di portarlo meco”.

È il 23 giugno del 1858 quando il Maresciallo Lucidi bussa alla porta di casa Mortara, una famiglia di piccoli commercianti ebrei che vivono nel centro storico di Bologna. Edgardo viene sottratto alla famiglia e portato in luogo segreto: la legge dello Stato Pontificio stabilisce che a qualsiasi battezzato venga impartita un’educazione cristiano cattolica.

A nulla valgono le proteste dei genitori e dell’intera comunità ebraica, il destino del piccolo Mortara è deciso, ma chi l’ha deciso? Chi ha battezzato un ebreo? In casa Mortara, dove i figli sono ben otto, ha lavorato per parecchio tempo Anna Morisi, una giovane cattolica al servizio della famiglia israelita. Anna si affeziona subito ai piccoli della famiglia, soprattutto a Edgardo e quando il bambino si ammala, sotto consiglio di un non ben precisato fornitore della famiglia, decide di battezzarlo in segreto con la speranza di poterlo salvare con il sacramento.

Edgardo guarisce, il tempo passa e Anna ormai cresciuta lascia la famiglia per sposarsi e tornare al paese di origine. Non è chiaro come e nemmeno in che circostanze, ma il segreto viene scoperto. Una confidenza di troppo a un’amica, o forse al prete. La faccenda arriva così al Sant’Uffizio di Bologna e la ragazza viene convocata dall’Inquisizione: tra le lacrime racconta l’accaduto. La legge Pontificia è chiara, il giovane deve essere sottratto alla famiglia e cresciuto secondo la dottrina cattolica.

Edgardo insieme alla madre e a un fratello,

A nulla valgono i tentativi di convincere l’inquisizione che non transige nemmeno sul fatto che il battesimo sia stato compiuto da una ragazza di soli 15 anni, usando della semplice acqua e senza sapere bene tutto quello che l’atto implica. Pio IX in persona assume su di sé l’intera responsabilità della vicenda e difende l’operato della Sant’Uffizio. Il rapimento è così giustificato.

La famiglia Mortara è disperata, la comunità ebraica di Roma non si schiera per paura di alterare i già fragili equilibri; la vicenda passa di bocca in bocca, varca i confini del Paese e la comunità ebraica internazionale si indigna. Si diffonde così l’immagine di uno Stato Pontificio anacronistico e privo di rispetto per i diritti umani. I malumori si diffondono e la vicenda viene sfruttata anche in ambito politico, da Cavour a Bismarck a Napoleone III, per screditare l’immagine del pontefice.

Papa Pio IX

La famiglia rivede Edgardo nell’ottobre del 1858, quando ottiene dalle autorità ecclesiastiche il permesso di incontrarlo per brevi istanti. Nei pochi momenti di vera intimità con la madre, Edgardo rivela “Sai, la sera recito ancora lo Shemà Israel”. Il dramma interiore è grande, ma nel novembre del 1867 il giovane pronuncia i voti prende il nome di Pio Maria, in onore del padre adottivo. Dedica la sua intera vita alla preghiera e sporadicamente sente la famiglia di origine, nella speranza di convertirli. Nel 1906 si ritira definitivamente nel monastero di Bouhay, vicino a Liegi.

Un caso dai tratti oscuri e dolorosi che ancora oggi risulta essere una ferita aperta che traspare nelle parole di una discendete della  famiglia Mortara: “segregato e indottrinato dai 6 anni in poi perché diventasse  sacerdote, aveva sviluppato il tipico attaccamento del prigioniero verso i suoi carnefici”.


Fonte: Focus storia numero 125

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