di Claudia Galeano
Esistono casi in cui i contrappesi degli accordi politici procedono molto più lentamente della realtà quotidiana. È per esempio il caso delle famiglie arcobaleno. Ormai sono numerose, e crescono bambini talora divenuti nel frattempo maggiorenni. Bambini e ragazzi che per lo stato esistono solo parzialmente, come figli di un solo genitore.
La politica aveva tentato di rattoppare goffamente questo dato con una norma, poi stralciata, all’interno della legge Cirinnà. Si tratta della cosiddetta “Stepchild adoption”, traducibile con il cacofonico “adozione del figliastro”. Si sarebbe infatti trattato di attribuire doveri di genitore anche ad entrambi i membri di una coppia di persone dello stesso sesso, con cui il bambino era cresciuto. La mancata approvazione di una norma in questo senso, non ha però fatto altro che caricare dell’onere di decidere su queste famiglie a ciascun giudice. Una scelta che, oltre a richiedere un iter lungo e costoso, che obera di ulteriore lavoro le corti di giustizia, costringe l’intero nucleo familiare a vedere per lungo tempo scandagliata la propria vita personale. Non soltanto per valutare l’idoneità del genitore sociale ad essere tale, ma anche per accertare che tra adulto e minore si sia già creato un effettivo legame. Finora questo è stato il procedimento per permettere alle famiglie omogenitoriali di esistere e non dappertutto, perchè la discrezionalità dei tribunali lascia campo libero anche a rifiuti le cui motivazioni possono in una certa misura rivelarsi soggettive.
Laddove però la politica si è dimostrata timorosa e lenta, è però intervenuta la giurisprudenza, a volte facendo passi inaspettati e coraggiosi. Ad esempio come quello avvenuto a Firenze. Nella città di Dante si è abbattuto un muro: non ci si è limitati infatti a concedere l'adozione a entrambi di un figlio biologico di uno dei due membri – due padri, nel caso di specie – ma si è dichiarato legittimo un passo ulteriore: è infatti stata ratificata un'adozione di due bambini del tutto esterni alla coppia. Occorre però precisare il contesto: si tratta infatti di due uomini italiani da tempo residenti nel Regno Unito, che hanno adottato qui i propri figli. Il tribunale toscano ha potuto accogliere la loro richiesta di riconoscimento, che gli avrebbe permesso di ottenerne anche la cittadinanza italiana, grazie alle norme europee, e in particolare alla Convenzione dell'Aja sulle adozioni. La Convenzione “non pone limiti allo status dei genitori adottivi, ma richiede unicamente la verifica che i futuri genitori adottivi siano qualificati e idonei all’adozione – spiega Rete Lenford, che tramite l'avvocato Lollini ha tenuto le parti della famiglia -, esame che nel caso è stato puntualmente effettuato dalle autorità inglesi”. Al tribunale italiano non è quindi stato necessario altro che verificare le asserzioni dei giudici inglesi. E ciò ha permesso loro di giudicare questa ratifica, in nome dell'interesse dei bambini. Se così non si fosse fatto, infatti, si sarebbe “determinato uno stato di incertezza giuridica che influirebbe negativamente sulla definizione dell'identità dei minori” e sulla loro crescita. La cosa migliore per loro, quindi, era renderli anche per l'Italia figli dei loro due padri, trattandosi, scrivono i giudici “di una vera e propria famiglia e di un rapporto di filiazione in piena regola che pertanto deve essere tutelato”. Una prima volta storica, per l'Italia, che sottolinea che è stata finalmente posta in primo piano la necessità dei bambini di essere accuditi e amati come compete a un genitore, a prescindere dal proprio genere. Pochi giorni dopo, un'approvazione analoga è stata concessa a una coppia che vive a New York, che sta crescendo una bimba di oggi tre anni, anche lei finalmente in possesso di un doppio passaporto. La piccola è stata adottata nella piena consapevolezza di entrambe le parti. Secondo un sistema in uso negli USA, la giovanissima madre che l'ha resa adottabile ha personalmente scelto, attraverso uno specifico “libretto” (così lo definisce il padre) le caratteristiche della famiglia con cui la bambina che ha partorito sarebbe cresciuta. Immediatamente dopo la sua nascita i due padri hanno potuto così conoscere la ragazza, che ha facoltà di vedere la bambina ma, pur informandosene, ha scelto di non avvalersene. Ciò che è interessante sono però le motivazioni con cui il tribunale fiorentino ha motivato questa seconda sentenza. Negli incartamenti si legge: “Se l’unione tra persone dello stesso sesso è una formazione sociale ove la persona svolge la sua personalità e se quella dei componenti della coppia di diventare genitori e formare una famiglia costituisce espressione fondamentale e generale libertà di autodeterminarsi delle persone, allora deve escludersi che esista a livello costituzionale un divieto per le coppie dello stesso sesso di accogliere e anche di generare figli”. La giurisprudenza quindi certifica quello che molti hanno già capito. Ciò che si definisce famiglia può ormai prendere molte forme. Ciò che la fonda rimane immutato: la cura e l'amore tra i suoi membri. Fonti: prima sentenza: seconda sentenza