Era una donna color di grano e sapor di terra,
una di quelle musicali, come se avesse dei sonagli addosso, come un tamburo.
Di quei tipi di donna ne senti la mancanza nelle immersioni invernali,
tra la coltre di nebbia e la pioggia novembrina,
quando sei nelle vicinanze di una vecchia quercia, magari coperta di muschio;
in quei giorni,
senza vento,
senza tempo,
non capendo bene
il perché,
sei lì
a cercarla.
Nel suo volto distinguo una dolcezza determinata e calda.
Nell’incendio delle mie emozioni, volano
i suoi gesti
e mi ricordano le piogge di cenere dopo gli incendi,
a coprire d’un gelo caldo le imperfezioni mie,
perché vede qualcosa che va oltre.
Oltre cosa? Dove?
Cosa crede di trovare?
Io non vedo neppure la strada,
che si forma,
a me davanti,
che si sgretola,
ai passi
miei.