Il nostro uomo a Pemba

Per un millennial pensare di lavorare nella cooperazione internazionale denota innanzitutto una forte capacità di sognare. Non è più il mondo raccontato da libri e canzoni di una generazione fa. Il mondo di oggi viene sbandierato dalle notizie minuto per minuto, è un viaggio attraverso i metal detector, muro dopo muro. Alla partenza per un’esperienza di lavoro o di studio all’estero emergono la disapprovazione dei genitori che non tollerano l’abbandono del nido; viene in visita lo spettro del precariato, perché non vi è stabilità in questo settore, che risica i suoi scarsi introiti progetto dopo progetto; cresce la paura verso luoghi sempre più alieni, di povertà e disuguaglianze sempre più profonde.

Eppure, quando arriva la conferma di essere stati assunti per un progetto di miglioramento della sicurezza alimentare in Mozambico, l’eccitazione – la follia, a seconda del punto di vista – è talmente forte da permettere di superare ogni ostacolo.

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Immagine: Porto della città di Ibo, Mozambico. Foto dell’Autore.

In Mozambico si trova l’edificio di costruzione europea più antico di tutta l’Africa Subsahariana, Portoghesi e Arabi d’altronde avevano cominciato a contendersi queste coste già alla fine del XV secolo. Fu l’ultimo degli Stati africani a conquistare l’indipendenza, nel 1975, al termine di un’infinita guerra coloniale, per poi risprofondare dentro una ventennale sanguinosa guerra civile. Oggi è uno dei Paesi più poveri al mondo

Il progetto ha come fulcro la città di Pemba, capoluogo del Cabo Delgado, la provincia più settentrionale e remota. L’area urbana sorge sulla punta di una penisola che si protende nell’Oceano Indiano e circoscrive a terceira maior baía do mundo, secondo le canzoni locali. A nord si estende il Parque Nacional das Quirimbas, che comprende l’isola di Ibo, antico capoluogo e mercato di schiavi.

La regione è ricca di materie prime, gas naturale e rubini in particolare; per questo Pemba si sta rapidamente espandendo con una modalità di sviluppo disorganizzata, che non tiene conto dell’equa distribuzione della ricchezza.

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Immagine: Festa scolastica nel quartiere di Natite a Pemba, Mozambico. Foto dell’Autore.

Il millennial piange per il mal d’Africa mentre cerca di comprimere in 2500 battute le immense meraviglie che ha portato a casa dal viaggio. La cooperazione internazionale forse non sarà il suo futuro, ma gli ha dato l’opportunità di contribuire alla narrazione del mondo. Quando si dice che al giorno d’oggi ”sognare è da folli, viaggiare è pericoloso e raccontare è una perdita di tempo”, il millennial non è d’accordo.

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