di Giorgia Smaldone
Non si uccide per amore ma l’amore c’entra. Il nostro modo di concepire l’amore definisce ogni aspetto del nostro carattere, ogni nostra azione.
Nonostante la legislatura italiana abbia fatto molti passi avanti per la tutela e la prevenzione della violenza contro le donne, nel Bel Paese, più di 100 donne muoiono ogni anno vittime di coloro che si dichiarano essere perdutamente innamorati di loro.
Ma come può una persona pensare di fare del male a qualcuno che ama? Da dove nasce la violenza in una coppia?
Secondo diverse teorie psicoanalitiche, tra cui quella freudiana, l’uomo desidera inconsciamente tornare ad essere tutt’uno con la donna per tornare allo stato della gestazione. In soggetti instabili, la violenza scatta nel momento in cui l’uomo diventa consapevole che la sua figura e quella femminile sono due entità separate. La donna si trasforma quindi in qualcosa di estraneo, che sfugge al controllo maschile e che deve essere in qualche modo fermato.
Perché la donna si presta a queste violenze?
Fin dagli albori della società la donna è stata la colonna portante delle imprese dell’uomo.
Rousseau scriveva nell’ Emilio “ La donna ha maggior finezza di spirito, l’uomo ha maggiore genialità; la donna osserva, l’uomo ragiona: da questa collaborazione derivano una luce più chiara e la scienza più completa che lo spirito umano possa acquisire con le sue sole forze”.
Il ruolo che Rousseau attribuisce alle donne non è decisamente pari a quello dell’uomo. Eppure, se da un lato l’uomo sottomette la donna, è quest’ultima ad essere molto spesso identificata come despota e tiranna. Basti pensare al celeberrimo “ la donna ha sempre ragione”.
Come può allora una sola figura incarnare due interpretazioni così diverse? Può la figura femminile essere un concetto così ambiguo?
Il primo gioco delle bambine è la bambola. Implicitamente, una bambina impara prima a dare amore, e poi a riceverlo. Questo significa che la maggior parte delle donne, per tutta la vita, sentirà dentro di sé questo bisogno di dare amore senza però avere la consapevolezza di essere oggetto d’amore.
Profondere amore incondizionato fa si che una donna assuma il ruolo di crocerossina, un ruolo che è benedizione e condanna allo stesso tempo. Infatti, il potere dell’indispensabilità, potere principale della donna, la maggior parte delle volte si rivela essere un’ arma a doppio taglio, in grado di spingere una donna a rimanere accanto ad un uomo sbagliato perché, prima o poi, lei riuscirà a cambiarlo.
Questo meccanismo è ben celato dal sentimento amoroso.
L’amore c’entra, è parte attiva di questa dinamica. L’amore è il velo che nasconde da una parte una celata presunzione, un’ ostentazione di potere, e dall’altra un mondo di insicurezze proprio della figura maschile.
Per far cadere questo velo, per cercare di comprendere le intricate trame di un fenomeno drammatico come quello della violenza contro le donne, occorre un nuovo arsenale di strumenti culturali.
A questo proposito, all’alba dell’ 8 Marzo, l’ Università degli Studi di Milano ha organizzato una conferenza a tema “Contrastare la violenza sulle donne. Un impegno per l’università”.
L’incontro ha previsto gli interventi di Anna Maria Gatto, presidentessa del Tribunale di Pavia, e Lea Melandri, scrittrice e giornalista.
Durante la conferenza si è discussa la necessità di adottare uno sguardo verso la violenza sulle donne, privo di pregiudizi. I pregiudizi infatti, sono i responsabili principali della distorsione del fenomeno della violenza contro le donne.
Quante volte, parlando di violenza domestica, si immagina il marito islamico che segrega la moglie in casa, senza pensare che spesso, è l’uomo bianco occidentale a scegliere una donna islamica come compagna perché facilmente sottomettibile.
Quante volte, al concetto di violenza, si associa il femminicidio e non il “ tu con le tue amiche, da sola, non vai a ballare”.
La violenza contro le donne è violenza contro l’essere umano.
Purtroppo o per fortuna, la violenza è assolutamente democratica, colpisce tutte le etnie, tutte le estrazioni sociali, tutte le culture. Per questo serve coesione e unione nel combatterla.
“ Dagli anni 70 ad oggi mai mi era capitato di vedere così tante giovani marciare per le strade e così tanta internazionalità ” commenta in merito Lea Melandri.
Veterana femminista, la scrittrice, nel suo intervento, spiega come la lotta per l’uguaglianza tra i sessi sia cambiata nel corso degli anni.
“ Oggi la storia, le origini del femminismo, sono tenute poco da conto. In compenso le femministe sono ragazze e il movimento è un mosaico di genti che forma una forza collettiva inestimabile ”
A testimonianza di questa forza sono le numerose mobilitazioni, gli scioperi e i cortei, in occasione de #lottomarzo.
La marcia per i diritti e per le pari opportunità continua però tutti i giorni, a prescindere da questa ricorrenza.
Tuttavia, prima di scendere in piazza, è necessario attuare un cambio di prospettiva, investire sull’educazione all’amore. Il cambiamento culturale più grande avverrà quando saremo in grado di capire e spiegare alle nuove generazioni che non esiste altra forma di amore al di fuori di quello dignitoso e libero.
Le foto contenute nell’articolo sono state scattate dall’autrice.