Arte e femminismo possono andare molto d’accordo, possono essere un mezzo potente per la sensibilizzazione alla parità fra i sessi che, nonostante i progressi, ancora manca.
È quello che probabilmente ha pensato anche Tim Burton quando ha deciso di produrre e dirigere il film Big Eyes (2015). Il film racconta dei quadri di Margaret Keane (interpretata da Amy Adams), che tra gli anni 50 e 60 del secolo scorso suscitarono molto interesse per via degli occhi sproporzionati rispetto al viso con cui venivano dipinti. I soggetti di Keane sono tendenzialmente bambini, spesso orfani, ripresi di fronte, con sfondi semplici che denotano la loro condizione sociale di solito molto bassa o povera. La pittrice spiega il motivo di questi occhi così grandi, lo specchio dell’anima, in passato a seguito di un’operazione, rimase sorda per un periodo, spiegando:
“mi sono ritrovata a fissare con lo sguardo, mi affidavo agli occhi della gente”.
Cosa c’è, però, di femminista in questi ritratti poco originali e un po’ monotoni? Probabilmente, non conosceremmo le opere della donna del Tennessee né la sua rivalsa di cui si parlerà nelle righe seguenti se non fosse per l’ex marito Walter Keane, che se ne appropriò vendendoli a suo nome, quasi rinchiudendo implicitamente la moglie nell’atelier di casa a dipingere quadri per alimentare la sua fama. Keane, che non aveva alcun talento artistico al contrario di quanto ardentemente desiderava, da solo non avrebbe avuto la fama che invece si guadagnò in un contesto che sempre di più veniva dominato, in quel periodo, dalla Pop Art di Warhol e Hamilton e dall’Anti Pop-Art di Lichtenstein. Scaltro, opportunista e arrogante, il pregio di Mister Keane fu quello di saper vendere e creare interesse in qualcosa che si era già visto ed era ormai fuori moda. Egli non solo espose gli orfanelli ma ne fece poster, cartoline, quaderni, quadernini e taccuini: un vero maestro della società dei consumi.
È interessante notare come negli ultimi anni di “dominio” di Walter Keane sui ritratti della moglie, Margaret avesse iniziato a dipingere per sé stessa con uno stile completamente diverso, più affascinante e un po’ alla Modigliani che firmava come MDH Keane e che esponeva nelle gallerie insieme ai big eyes, ritagliandosi un piccolo angolino e suscitando anche qualche curiosità.
La donna chiese il divorzio all’inizio degli anni Settata e, stabilitasi a Honolulu, nel 1973 decise di smettere di sottomettersi alla volontà e alla prepotenza del marito annunciando pubblicamente, via radio, che ogni Walter Keane in realtà fosse stato dipinto da lei. Giunti in tribunale, il giudice chiese ai due ex coniugi di dipingere un quadro semplice in diretta, smascherando definitivamente Walter Keane che perse ogni fama e avere, morendo in povertà nel 2000.
Margaret Keane, è ancora viva e continua a dipingere i suoi occhioni e gli MDH Keane, godendosi la rivincita anche se priva di quel successo e appeal creato dal marito: i critici, infatti, hanno spesso considerato mediocri i suoi quadri; Woody Allen addirittura ridicoli. Ecco perché arte femminista: non tanto per i ritratti di Keane, che non hanno elementi femministi e in generale nulla di innovativo; quanto per la battaglia di una donna nata, cresciuta e per un periodo vissuta in un contesto fortemente maschilista e oppressivo che ha deciso di uscire e, letteralmente, prendersi ciò che è suo.
Nel video Margaret all’anteprima di Big eyes
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