L’Italia editoriale non può star tranquilla: l’ISTAT afferma che dopo il boom di lettori che si è avuto nel 2010, con quasi il 50% della popolazione che ha letto almeno un libro in un anno, i dati aggiornati al 2015 testimoniano un ritorno al 42%, 24 milioni di persone che investono in libri solo lo 0,6% della loro spesa complessiva.
Se poi pensiamo che anche gli editori devono pur vivere in qualche modo, ci accorgiamo del motivo della loro politica incentrata esclusivamente alle promozione dei soliti generi, dei soliti autori fidati, quelli che sicuramente piacciono al pubblico: Rowling, Saviano, Andrea Camilleri…
Sono infatti questi i nomi che occupano il podio dei Best Seller 2016, almeno secondo la classifica di Nielsen.
Al primo posto l’immancabile “Harry Potter e la maledizione dell’erede”, un libro che sembra aver suscitato più critiche che elogi, ma in negativo o positivo è riuscito comunque a far parlare di sé e a distanza di mesi dalla sua prima uscita in Italia, continua ad attirare curiosi.
Al secondo posto Andrea Camilleri signoreggia con il suo ultimo episodio del celebre commissario siciliano, Montalbano in “L’altro capo del filo”. A poca distanza segue “La ragazza del treno” di Paula Hawkins da cui è stato tratto l’omonimo film.
Sono proprio le revisioni cinematografiche infatti a spingere alla lettura il pubblico medio che decide di prendere in mano il libro “per saperne di più” o “per vedere come va a finire”. Dunque un buon film sembra essere quello che ci vuole per sponsorizzare un buon libro, tutto il contrario di qualche anno fa. E sembra essere proprio ciò che è accaduto ad “Io prima di te” di Jojo Moyes che nella classifica Nielsen si colloca al quarto posto, subito dopo la Hawkins.
Il quinto posto spetta di diritto a Roberto Saviano che ci ripropone una storia di mafia simile a quella che lo ha reso famoso: “La paranza dei bambini”, edito da Feltrinelli.
La classifica di Nielsen non sembra essere molto diversa da quella proposta da Mondadori che, aggiornata al 2017 sul suo portale online, nella classifica dei 5 libri più venduti si distingue solo perché al primo posto offre “L’arte di essere fragili” di Alessandro d’Avenia, seguito a ruota dagli stessi nomi, la costante fissa del 2016, Hawkins, Moyes e Rowling che conquista il quinto posto con il suo ultimo screenplay, “Animali fantastici e dove trovarli”. Il quarto le è stato sottratto solo ultimamente da “Fallen” di Lauren Kate; non serve ricordare gli omonimi film usciti recentemente nelle sale e che probabilmente sono riusciti a far scalare loro le classifiche.
Descritta così la situazione della narrativa in Italia sembra, ormai, essere andata in malora: la visione che ci offrono le due classifiche è quella di una folla urlante di ragazzine innamorate dell’idea dell’amore e in cerca di qualcosa con cui soddisfarla, come i romanzi di Moyes e Lauren Kate, unita alla folla nostalgica di Harry Potter e Montalbano, sempre in cerca del vecchio per non sperimentare il nuovo; per non parlare poi dell’ennesimo romanzo mafioso di Saviano, che nonostante il coraggio e la bravura ormai sembra essere a corto di idee.
Niente da ridire, si scrive per vendere e si vende per vivere, ma molti critici non accettano la piega che sta prendendo l’editoria italiana, riproponendo di anno in anno quello che va di moda: prima, c’erano i vampiri di Twilight e Vampire Diares che con il loro successo hanno dato il via alla pubblicazione di libri meno famosi ma sullo stesso genere, ora, l’amore impossibile di Fallen e tutte le “sottomarche angeliche” che cercano di vendere sulla scia di tale romanzo, oppure l’amore alla 50 Sfumature che è persino riuscito a riportare in auge un libro come “Histoire d’O”, un prototipo erotico del 1954.
Non si vuol criticare la scelta dei libri da parte dei lettori che è unica ed insindacabile, ma piuttosto far luce su una certa tendenza da parte di case editrici e librerie a propinare sempre lo stesso genere, secondo le mode del momento, come si evince dalle classifiche sopra citate.
Forse si dovrebbe mettere un po’ da parte la questione vendita e pensare alla questione talento: non sempre il “sicuro” è meglio del “nuovo”.