Una piccola perla, Agnus Dei, film della regista francese Anne Fontaine (pseudonimo di Anne Sibertin-Blanc) attira lo spettatore anche per la sua particolare storia. Ispirato al diario del medico francese Madelaine Pauliac, ci porta nella regione polacca della Varna, nel 1945 durante la seconda guerra mondiale.
Solitamente trattandosi di un tema così delicato e ancora caldo, i registi ci hanno abituati a film drammatici dove l’uso della violenza è protagonista. In questa pellicola la violenza è già successa, è già passata nelle vite dei protagonisti e dunque non si vedono veri e propri atti; se ne ha la percezione, come un nemico che ci è alle spalle, dal quale però non riusciamo a difenderci.
Questa sensazione di impotenza ci accompagna per tutta la durata della storia, nonostante qualche respiro di sollievo e raggio di sole. La narrazione è condotta dal punto di vista di due donne: una suora, suor Maria e da una ragazza francese, Mathilde Beaulieu, studentessa di medicina partita volontaria nella croce rossa francese per soccorrere i feriti dello scontro bellico.
Le due donne hanno poco in comune, un carattere forte e la voglia di aiutare il prossimo, per il resto le loro vite sono agli antipodi ma riusciranno comunque a trovare un punto di intesa in quella che è la natura della donna. Mathilde riuscirà ad aiutare suor Maria, e le sue sorelle, a partorire i figli della violenza maschile di soldati ma più correttamente, uomini armati che in preda ad ideali deliranti perderanno la capacità di rimanere umani. Non ci sono moralismi e vittimismi, solo profonde riflessioni che nascono nella mente dello spettatore in modo del tutto libero. C’è chi si può interrogare sulla fede delle suore, che nonostante il grave torto subito sembrano non voler arrendersi a credere che Dio non esista. Ci si può soffermare sulla sottile linea rossa che lega ogni donna, di qualsiasi ceto ed etnia; un’empatia che in qualche modo riuscirà ad unire anche le nostre protagoniste. Si può inoltre considerare il ruolo della donna, o meglio della femmina, in natura, come generatrice di vita e confrontarlo con la posizione che occupa all’interno del clero: le donne sono spose di Dio ma non possono generare vita. Sicuramente questi non sono nuovi interrogativi ed il lavoro di Anne Fontaine non contiene delle valide risposte ma la sua bravura è stata quella di riuscire a farci riflettere, senza inserire troppa religione o troppa autocommiserazione di qualsiasi genere.
È un’opera sicuramente ben riuscita, con una tematica nuova ed interessante trattata da un punto di vista molto peculiare e riesce inoltre ad appartenere a qualsiasi tempo, senza circoscriversi troppo nettamente, perchè orrore e violenza non cambiano mai, ed anche questo è un pensiero che sul quale dovremmo riflettere. Il colpire una donna, nella sua natura femminile, è ancora tragicamente attuale.
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