L’eccessivo utilizzo di antibiotici sta provocando l’insorgenza di super-batteri. Si tratta di microrganismi che si sono adattati per resistere alle sostanze da sempre usate per tenerli sotto controllo, diventando una minaccia potenzialmente letale per la salute umana. In un articolo pubblicato sul numero di febbraio de “Le Scienze” , la giornalista Melinda Wenner Moyer analizza il problema relativamente agli allevamenti intensivi di animali, uno dei principali incubatoi dove questi microscopici killer si evolvono, per poi espandersi in tutti gli ambienti.
I batteri sono in grado di evolversi ad un tasso di moltiplicazione esponenziale, la distanza tra una loro generazione e l’altra consiste talvolta in pochi minuti. Per questo motivo un’alterazione svantaggiosa del loro ambiente – la presenza di un antibiotico – se inizialmente può rivelarsi molto efficace nel contrastarne la crescita, può vedere il suo effetto svanire col tempo. Una volta che i super-batteri hanno acquisito la resistenza ad un antibiotico, non c’è più scampo. Non solo i batteri possono imparare la resistenza agli antibiotici, ma la possono anche insegnare. Sono infatti in grado di trasmettere le informazioni genetiche della resistenza alla loro numerosissima prole, per la cosiddetta via verticale. Altrimenti per trasmissione orizzontale: trasferiscono piccole porzioni di DNA – dette plasmidi – da un batterio all’altro, tramite ponti citoplasmatici chiamati pili. Tra gli assassini più temuti vi sono i ceppi di Staphylococcus aureus, resistenti alla meticillina, e di Escherichia coli, resistenti alla tetraciclina.
L’uso degli antibiotici in zootecnia, mano a mano che la chimica si è fatta sempre più presente nelle filiere alimentari e le produzioni più intensive, si è diffuso a dismisura. Gli antibiotici forniscono due tipi di vantaggi agli allevatori: il primo è il controllo delle patologie, il secondo è l’effetto – poco conosciuto ma molto apprezzato – di promuovere la crescita degli animali, quindi la produzione.
Gli allevamenti sono luoghi particolarmente favorevoli alla proliferazione di microrganismi patogeni. Vi è spesso una forte concentrazione di animali a stretto contatto tra loro, in ambienti chiusi e talvolta scarsamente arieggiati, dove è inevitabile l’accumulo di escrementi. In molte situazioni di allevamento intensivo si è dunque diffusa la pratica dell’uso preventivo degli antibiotici, che vengono inseriti direttamente nelle razioni alimentari somministrate agli animali. La continua esposizione dei batteri presenti negli allevamenti a dosi costanti di antibiotici, ha inevitabilmente aumentato la loro capacità di resistenza nel corso degli anni. L’articolo pubblicato da “Le Scienze” fa riferimento al contesto statunitense, caratterizzato dalla prevalenza di allevamenti di scala industriale, e di attori della filiera dei prodotti di origine zootecnica organizzati in lobby potenti. L’autrice non può fare a meno di soffermarsi sulla difficoltà della legislazione degli Stati Uniti nel far fronte a questo problema.
Fortunatamente la situazione nell’Unione Europea è diversa. La sanità degli alimenti, la food safety, è un tema a cui l’opinione pubblica è fortemente sensibile. La legislazione europea si è adeguata a questa esigenza dei consumatori, con un percorso legislativo che dovrebbe condurre al divieto dell’uso preventivo degli antibiotici. Sono inoltre in vigore severe restrizioni sull’utilizzo di tali sostanze nei casi di insorgenza di patologie.
Gli allevatori europei sono così spinti a contrastare i microrganismi patogeni adottando buone pratiche che garantiscano il benessere animale: diminuzione dell’intensità degli allevamenti, rimozione efficiente e frequente delle deiezioni, disinfezione scrupolosa delle apparecchiature e dei ricoveri degli animali, costruzione degli edifici in modo che siano adeguatamente arieggiati, e così via. Tutto ciò però comporta un notevole aumento dei costi di produzione a carico degli imprenditori agricoli. Spetterà quindi all’attenzione dei consumatori saper riconoscere lo sforzo volto a garantire la sicurezza degli alimenti, pagando il giusto prezzo per quei prodotti realizzati con buone pratiche nel rispetto del benessere animale.