Caravaggio è stato un pittore estremamente talentuoso, ma dotato anche di un carattere irascibile e incline alla violenza: numerose volte infatti si era trovato coinvolto in risse, l’ultima culminata con l’uccisione di un rivale che gli era costata la condanna a morte, e l’esilio per sfuggirvi. Ciò nonostante egli rappresenta una sorta di spartiacque nella continuità della storia dell’arte. Il suo contributo è stato fondamentale: in un mondo in cui si optava per il Classicismo e il recupero dell’antico, Caravaggio guarda il mondo per quello che realmente era: bellissimo e brutale, imperfetto, a volte persino squallido, ma terribilmente vero ed autentico.
Ed è per questo motivo che Bellori, il Vasari del Barocco italiano, lo inserisce nella sua opera, le Vite. Bellori si era fatto portavoce del classicismo e sosteneva che bisognava liberarsi delle forzature del Manierismo tramite la ricerca della bellezza nella natura e la riscoperta dei canoni classici. Nonostante ciò, Bellori ritiene Caravaggio degno di figurare a fianco di illustri nomi quali i Carracci, o Van Dyck o Algardi.
L’autore ne giustifica la presenza dicendo che il grande merito di Caravaggio era stato quello di riportare l’arte all’osservazione della Natura, anche se successivamente aveva commesso poi l’errore di limitarsi ad osservarla e riprodurla per come era. In ogni caso era riuscito,assieme ai Carracci, a superare gli eccessi e le stranezze del Manierismo. Per Bellori, infatti, il vero grande artista è colui che osserva la natura e la rappresenta scegliendo solo la bellezza, filtrandola per così dire dalle impurità del reale, cosa che faranno i Carracci.
Caravaggio no. Caravaggio è un ribelle, è uno che segue la sua strada, fedele ai suoi ideali, non importa quanti nemici possa farsi lungo il cammino. È una fedeltà a se stessi che pagherà cara, un’incapacità di cedere totalmente al compromesso che gli costerà l’indigenza. Il suo ideale è però più importante delle minuzie della vita quotidiana. Per lui la Natura va osservata e riprodotta fedelmente, esattamente, per come ci appare. Così le sue nature morte hanno le foglie mangiate da bruchi, le sue Madonne sono delle prostitute, i suoi santi degli ubriaconi e poveracci di strada.
Tramite la “scusa” della rappresentazione sacra, Caravaggio ci parla della Roma del suo tempo. Ci fa uno spaccato a volte anche critico di come si viveva allora, di come viveva lui. E ci lascia una grandissima eredità, che va al di là forse dei capolavori materiali. È un’eredità più sottile, ci re insegna ad aprire gli occhi e a guardare il mondo con obiettività. Senza filtri rassicuranti, senza la bellezza classica che ci illude che la nostra vita, la nostra città, sia sicura e perfetta.
In questo modo, anche una prostituta annegata nel Tevere può riconquistare la sua dignità attraverso l’arte, venendo consacrata, nella tragedia della sua morte, a Madonna e santa. Una sorta di Marinella deandreana del Seicento.
Nella Roma di Caravaggio sai quando esci di casa la sera, ma non se rientrerai. Puoi essere rapinato, raggirato, perfino ucciso appena svoltato l’angolo, o uscito dalla taverna. Caravaggio lo sa, non ha paura di ammetterlo. La Decollazione di San Giovanni Battista rappresenta proprio questo: se leggiamo il dipinto spogliandolo dell’episodio sacro che, apparentemente racconta, ci rendiamo conto che in realtà sta mettendo in scena un qualcosa in cui era facilissimo imbattersi nella Roma seicentesca: l’uccisione di un uomo per strada. Sotto la finestra di una casa. Un gruppetto di persone sul lato sinistro, una donna anziana sconvolta dal fatto appena accaduto, un uomo che osserva l’assassino portare a termine il suo compito, un curioso alla finestra sulla destra che osserva la scena.
Oggi ci sembra assurdo che eventi del genere possano accadere con tale facilità. O forse no. Anche noi, in qualche modo come i Classicisti, ci illudiamo che vada tutto bene, che sia tutto perfetto. Poi osserviamo un uomo suicidarsi da un ponte di Venezia, e lo lasciamo morire così. Ascoltiamo le parole di una ragazza a Firenze che dice di essere stata violentata sotto casa. Forse dovremmo osservare di più la pittura di Caravaggio. Non come storici dell’arte, ma come persone che osservano, domandano, si interrogano e riflettono, se sia solo una pittura appartenente al passato o se, dopo quattro secoli, ci stia ancora dicendo qualcosa di importante.