Io sbuffo perché la psicanalisi non è ipnosi

Sempre più spesso nei film ci viene riproposto lo psicoanalista che dondola un orologio davanti agli occhi del suo paziente che, improvvisamente, cade sotto l’effetto dell’ipnosi e ricorda fatti prima dimenticati. Tuttavia il metodo psicoanalitico è qualcosa di molto diverso.

Sebbene Freud abbia conosciuto e utilizzato il metodo dell’ipnosi, ben presto si accorse che non era il procedimento più efficace. Il futuro padre della psicoanalisi cominciò a praticare insieme al professor Joseph Breuer, uno dei primi psichiatri a utilizzare l’ipnosi per curare i casi di isteria – ossia presenza di sintomi molto debilitanti senza alcuna causa biologica presente. Attraverso l’ipnosi, il professor Breuer riusciva a riportare alla normalità le abilità del paziente, tuttavia il risultato era spesso momentaneo e si rendevano necessarie altre sedute dello stesso trattamento ipnotico.

Freud comincia la sua carriera utilizzando il metodo del suo maestro e comprende che attraverso l’ipnosi avrebbe avuto accesso alla memoria rimossa del paziente e a quelle esperienze troppo forti e dolorose per essere ricordate, quindi rimosse nell’inconscio. Per quanto riprendere quei ricordi fosse fondamentale, capì che era necessario che il paziente fosse parte attiva della terapia, grazie al dialogo e alle analisi dei ricordi insieme allo psicoanalista.

Codifica così sette vie per giungere all’inconscio: il transfert – ossia il forte legame che si instaura tra psicoanalista e paziente – che permette al malato di sentirsi a proprio agio e parlare liberamente; l’analisi delle dimenticanze abituali, che nascono spesso da un rifiuto verso ciò che simboleggia quell’atto – ad esempio dimenticare spesso gli occhiali può significare il rifiuto di vedere o ammettere qualcosa a se stessi; i motti di spirito, cioè quei brevi istanti in cui ci lasciamo andare a una battuta spontanea che spesso rivelano una parte solitamente nascosta; l’analisi della vita sessuale ed emotiva del paziente, che può essere influenzata da traumi passati; il lapsus, perché la parola detta al posto di un’altra rivela ciò che realmente il parlante stava pensando; le libere associazioni – ossia parole associate spontaneamente a una parola proposta dallo psicoanalista – poiché se il paziente non pensa coscientemente alla parola da associare, è la sua mente a rispondere; e infine l’interpretazione dei sogni, che Freud definisce la via maestra per giungere all’inconscio, in quanto la nostra mente continua a lavorare anche la notte, elaborando ciò che ci è accaduto e mostrandocelo attraverso un linguaggio particolare.

Questi sette metodi sono ancora largamente utilizzati dagli psicoanalisti odierni, molto più della elegante, ma alquanto discutibile, ipnosi cinematografica.


Fonti

A. Oliverio Ferraris e A. Oliverio, Psicologia, i motivi del comportamento umano, Zanichelli, 2007.
L. D’Isa e F. Foschini, I percorsi della mente, Hoepli, 2008.

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