Le immagini vanno viste quali sono, amo le immagini il cui significato è sconosciuto poiché il significato della mente stessa è sconosciuto.
Con queste poche parole racchiuse in una frase spontanea, René François Ghislain Magritte, riuscì a descriversi e descrivere il presupposto della sua produzione artistica. Nato a Lessines il 21 novembre 1898, artista surrealista senza dimenticare il suo interesse per cubismo e futurismo, Magritte sapeva giocare perfettamente con le percezioni dei sensi per svelare i lati misteriosi dell’universo. Il periodo storico a lui contemporaneo, borghese e massificato, come spesso accade si mostrò essere in parte motivo della rivoluzione artistica all’interno delle sue opere.
Possiamo comprendere il suo essere nell’opera Le faux miroir (1928); si tratta di un olio su tela con dimensioni 54×81 cm, a oggi conservato al Museum of Modern Art di New York. Il dipinto inquadra un grande occhio che esclude il resto del volto al quale appartiene: l’iride appare una finestra circolare da cui vedere pacifiche nuvole bianche in un cielo azzurro e sereno, mentre la pupilla può essere identificata nel sole, di colore nero. Spesso si può sentire dire che “gli occhi sono lo specchio dell’anima“, infatti la presenza del cielo non è stata una scelta casuale: esso è realmente quello che l’occhio vede o è quello che noi vorremo vedere? Allora l’occhio, organo della visione oggettiva per eccellenza, diventa uno “specchio falso” che riflette l’interiorità di chi guarda. Tutto è capovolto, ogni cosa certa è messa in discussione.
Questi accostamenti rientrano nel paradosso visivo tipicamente usato dai surrealisti, che consiste nel giustapporre elementi che appartengono alla nostra conoscenza, ma privati di logica fra loro.
Un cielo azzurro che ripropone le medesime nuvole bianche, quasi percepibili soffici, si ritrova nella colomba che si leva in volo da un mare in burrasca, principale soggetto nell’olio su tela La grande famille (1963) visibile nelle sale del Museum of Art di Utsonomya City. A prima vista il fruitore rimane disorientato e viene spontaneo chiedersi: “perché la colomba è rappresentata sola e priva di nido? Dov’è la grande famiglia?”: la tela non rappresenta nessuna famiglia, nessuna persona. Ma abbiamo compreso che i surrealisti amano confondere, e dunque eccoci dinanzi alla sagoma di una grande colomba. La sua apparizione domina sul cielo che annuncia una tempesta. Nonostante la grande valenza che l’artista riconosceva al concetto di famiglia e maternità espresso mediante la presenza del nido, decide volontariamente di escluderlo, poiché non è necessario rappresentarlo esplicitamente data la precisione del titolo; non importano le leggi logiche, ma la propria capacità di fantasticare, sognare e immaginare. E inoltre, a ben vedere, l’interno dell’animale presenta un cielo azzurro e calmo con qualche soffice nuvola bianca, segno di armonia e serenità. Ancora una volta l’abilità dell’artista rappresenta l’armonia e la discordia, forse qualità opposte effettivamente presenti in qualsiasi famiglia.
René Magritte realizza opere dotate di un’infinità di letture, sempre pronte ad accogliere nuove interpretazioni: non a caso è definito anche le saboteur tranquille, il disturbatore silenzioso.
Fonti
Inserto della rivista «Art Dossier» n°59, Magritte, Giorgio Cortenova, Giunti, luglio-agosto 1991.
Crediti
Un commento su “René Magritte: lo scambio esterno e interno”
Articolo molto bello nel contenuto e nella forma!