Di Marco Danza
Lo scorso 15 gennaio ricorreva l’anniversario della cattura di Salvatore Riina, detto Totò, capo indiscusso di Cosa Nostra tra gli anni ottanta e novanta.
Nell’estate del 1992, in seguito alle stragi che portarono alla morte, tra i molti, dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, i carabinieri, i ROS e gli ufficiali dell’Arma Territoriale si riunirono a Palermo per organizzare una strategia che potesse portare alla cattura di Totò Riina. La svolta decisiva all’operazione si ebbe con l’arresto dell’ex uomo di fiducia del capo di Cosa Nostra, Baldassare Di Maggio. Di maggio venne fermato l’8 gennaio del 1993 in Piemonte, e la sera stessa incomincia a collaborare con le forze dell’ordine indicando loro alcuni luoghi di Palermo in cui sarebbe stato possibile localizzare l’abitazione di Riina.
Successivamente alle rivelazioni del pentito, i carabinieri del ROS decisero di mettere sotto osservazione un immobile situato nel “fondo Gelsomino” in via Uditore e un altro in via Bernini al 54. Il 14 gennaio vennero visti uscire da via Bernini la moglie e i figli di Totò Riina, il quale venne arrestato la mattina del giorno seguente intorno alle nove.
Il boss mafioso verrà condannato a una serie di ergastoli per una spaventosa serie di omicidi tra cui quelli dei giudici Falcone e Borsellino, di Pio La Torre, Piersanti Mattarella, Michele Reina, del capitano Michele Basile, del giudice Antonio Scopelliti, del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, del capo della Mobile Boris Giuliano, del professore Giaccone.
È raccapricciante notare come ogni giorno ricorra la data di morte di almeno una vittima della mafia. Per favore, ricordiamo in ogni momento cosa voglia dire questa sudicia parola : la mafia è il problema, non la soluzione; genera e nasce da mostri come l’omertà, la sfiducia in se stessi e nella comunità, l’ignoranza. La mafia è un sopruso senza giustificazione, è schierarsi in gruppo contro uno soltanto ma non osare guardarlo negli occhi quando si è soli. La mafia è un cancro che appesta una città, una regione, una nazione intera. Si nutre del grigiore esistenziale dell’italiano disperato, a cui porge una mano per prendergli il braccio. La mafia è quella macchia che non si riesce a lavare via e che sporca l’espressione “Bel Paese”. È il boia, a cui lo Stato spesso, con la propria collusione e inconsistenza, non strappa i martiri che tentano di distruggere quel muro a dividere il cittadino da legalità, uguaglianza e giustizia.
La mafia, prima che criminalità, è mentalità.
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