Nel 2016 il settimanale statunitense Time colloca tra le 100 persone più influenti due italiani: lo stilista Riccardo Tisci e la scrittrice Elena Ferrante. La fama estera di quest’ultima è, infatti, notevole. Negli USA quattro dei suoi romanzi, tradotti da Ann Goldstein e pubblicati dalla Europa Editions, hanno avuto un riscontro fortemente positivo in termini di vendite e di favore del pubblico.
È molto conosciuta in Italia anche grazie a degli adattamenti cinematografici.
Dal suo romanzo d’esordio, L’amore molesto (1992), è tratto l’omonimo film diretto dal regista Mario Martone. A Roberto Faenza si deve invece la trasposizione del suo secondo libro, I giorni dell’abbandono (2002). Il nome di Elena Ferrante, tuttavia, si lega indissolubilmente ad una tetralogia, quattro romanzi ed un filo narrativo che l’hanno resa una delle scrittrici più lette della contemporaneità. Nel 2011 esce, infatti, L’amica geniale, primo testo con al centro la vita di due bambine Elena e Raffaella, detta Lila, e del quartiere di Napoli che le vede crescere. Elena Ferrante segue l’esistenza delle protagoniste in Storia del nuovo cognome (2012), Storia di chi fugge e di chi resta (2013) e Storia della bambina perduta (2014). Anche la critica accoglie positivamente il ciclo narrativo tanto che il New York Times arriva ad arrischiare un paragone con I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, mentre una giornalista del The Guardian non esita a definire la Ferrante “scrittrice dell’indicibile”.
Nonostante il successo, la fama e la prolifica produzione autoriale, è il mistero che avvolge la sua identità ad aver spesso catalizzato l’attenzione di lettori e curiosi. Elena Ferrante non è altro che uno pseudonimo e numerosi sono stati i volti suggeriti, varie le ipotesi e le considerazioni in merito.
Il critico Santagata ha proposto Marcella Marmo come papabile ghost-writer: una docente presso l’università di Napoli. Molte sono state poi le personalità collegate alle Edizioni e/o considerate come possibili penne: da Sandro Ferri a Sandra Ozzola. Nel tentativo di svelare l’enigma si è parlato anche di Goffredo Fofi, saggista e critico, e di Domenico Starnone, scrittore e sceneggiatore.
Ultimamente, però, è proprio la moglie di quest’ultimo, Anita Raja ad aver focalizzato lo sguardo del pubblico. Grazie ad un’inchiesta del Sole 24 Ore sembra confermato sia proprio questo il nome che dovrebbe essere scritto sulla copertina de L’amica geniale. Attraverso le transazioni finanziarie della casa editrice e le entrate di Anita Raja si è notata una corrispondenza in concomitanza delle uscite dei volumi di Elena Ferrante. Il presunto disvelamento dell’identità non ha lasciato tutti soddisfatti. Molti, infatti, si sono lamentati del metodo stesso di ricerca, utilizzato per indagini su boss mafiosi, e per il mancato rispetto della volontà narrante.
Nel 2003, infatti, è uscito il libro La frantumaglia nel quale sono chiaramente spiegate le ragioni dell’anonimato, il bisogno di “autoconservazione del proprio privato”.
Voler scrivere e amare farlo non corrispondono ad un desiderio di dare in pasto la propria vita allo spettatore. Prerogativa di uno scrittore è lasciare che il lettore conosca le sue pagine, i suoi personaggi, l’anima che nasconde tra carta e inchiostro. Non la sua biografia, non i suoi movimenti, non il suo vero viso. Voler evadere dagli effetti collaterali di una pubblicazione dovrebbe essere una scelta quanto meno legittima per chi già si mette a nudo raccontando storie
Amare la letteratura non è sinonimo di amore per interviste, prime pagine, fotografie a mezzobusto sul retro di copertina.
Allo stesso tempo è anche discutibile prerogativa del giornalista indagare la realtà e ricercare in essa verità.
Il posizionamento dei limiti è ciò che fa scaturire un dibattito, che porta ognuno a stare dalla parte della scrittrice o del giornalismo, di due tipi diversi di libertà.
Quella di non sapere e quella di sapere.