Nella società moderna la violenza fisica è sempre condannata, tranne che per rari casi previsti dalla legge. La civiltà occidentale nel corso della sua evoluzione ne ha sempre più limitato l’uso, fino al giorno d’oggi. Tuttavia continua ad esistere e, come spesso tragicamente accade, molte controversie vengono risolte proprio usando la violenza sotto forma di aggressione fisica.
Nell’alto medioevo, periodo nel quale l’Europa venne plasmata dalle tradizioni dei popoli nordici, il combattimento tra due contendenti era considerato uno dei metodi migliori per risolvere una controversia. Infatti presso i barbari il cosiddetto duello aveva una vera e propria valenza giuridica. Per questo motivo prendeva il nome di duello giudiziario. I Ripuari, i Bavari, gli Alamanni, i Frisoni, ed i Longobardi erano coloro che ne facevano più uso e lo consideravano come la colonna portante del sistema sociale.
In base agli ordinamenti giuridici dei suddetti popoli, il duello era un istituto al quale il giudice poteva ricorrere qualora volesse rimettere la decisione a Dio, poiché era pensiero condiviso che la vittoria andasse sempre a colui il quale possedeva il favore divino.
Proprio per questo i castelli e i borghi medioevali erano attrezzati con spazi appositi dove i duellanti potevano combattere in qualsiasi momento.
Il combattimento poteva coinvolgere i diretti interessati oppure i cosiddetti campioni, cioè persone assoldate per duellare e ottenere la vittoria al posto loro. Solitamente la contesa si concludeva o con la resa o l’atterramento di uno dei due. La morte, al contrario di quanto si pensa, non era prevista anche se in rari casi qualcuno perdeva la vita.
La Chiesa iniziò ad osteggiarne la pratica da subito, tuttavia spesso erano gli stessi ecclesiastici a ricorrere a tale istituto per avere giustizia. Il vero e proprio declino del duello ci fu con l’ascesa delle nuove formazioni statali del basso medioevo all’interno delle quali, grazie ad una rinnovata autorità centrale, la giustizia veniva amministrata con metodi sempre più scientifici e meno barbari.
Nonostante la presa di posizione prima della Chiesa e successivamente dei legislatori, il popolo continuò a sostenere la validità del duello, e a praticarlo come mezzo risolutore. Addirittura Dante nel De Monarchia esaltò la monomachia come espressione della più nobile giuridicità, purchè questa fosse fatta di comune accordo e non vi fosse altro modo di risolvere la lite.
I legislatori stessi mantennero nel corso del XIII secolo un notevole livello di tolleranza. Il mutismo delle fonti riguardo questa pratica venne talvolta interpretato come argomento a favore della liceità.
Con il passare dei secoli si perse il valore giuridico dell’atto, ma contemporaneamente si arricchì di nuovi significati. Affidandosi al “cavillo” della scarsa legislazione in materia, molti gentiluomini praticavano il combattimento per la difesa dell’onore personale. Questa usanza prese molto piede soprattutto in Francia dove vennero poste regole precise per l’evento. Le regole erano abbastanza complesse e seguivano una prassi molto rigida, sia che gli avversari si affrontassero con la spada, sia con un’arma da fuoco. Era designato un “direttore dello scontro” e un medico che valutava le condizioni del perdente.
Ai nostri occhi tutto questo può sembrare violento e assurdo, ma rapportato a determinate epoche storiche può essere parzialmente compreso. Al tempo la vita era più che altro sopravvivenza, e il sapersi destreggiare bene con un’arma era una vera e propria arte. Di sicuro sono moralmente più giustificabili i duelli dell’antichità, regolamentati e organizzati per scopi “nobili”, che le risse fuori dagli stadi fatte per il solo gusto di ferire il prossimo.
Fonti:
Marco Cavina, Il sangue dell’onore: Storia del duello, Gius.Laterza & Figli , 2005.
düèllo in Vocabolario – Treccani. (2016). Treccani.it. Retrieved 22 December 2016, from http://www.treccani.it/vocabolario/duello/
d. icon. 393) [Public domain], via Wikimedia Commons
Credits:
Ilya Repin [Public domain], via Wikimedia Commons
Jörg Breu d. Jüngere (died 1547), Paulus Hector Mair (died 1579) (Bayrische Staatsbibliothek Cod. icon. 393) [Public domain], via Wikimedia Commons;