Le ragazze educate e di buona famiglia probabilmente storceranno il naso, i ragazzi quasi certamente scalpiteranno sulle sedie: esatto, il menù di oggi offre un dibattito sulla prostituzione.
Una cosa è certa, la prostituzione viene praticata in tutto il mondo; tuttavia, le leggi a riguardo sono ben diverse: si va da società che legalizzano completamente il mestiere, ad altre che ne reprimono lo svolgimento addirittura con la pena di morte.
In Italia ad esempio, è solo nel 1958 che è stato introdotto il reato di sfruttamento della prostituzione, ma prima di allora le case di tolleranza c’erano eccome: furono aperte su iniziativa di Camillo Benso conte di Cavour, per “allietare” l’esercito francese che appoggiava i piemontesi nel conflitto contro l’Austria.
Fu così che nel 1860 naquero le prime “case di tolleranza”, così chiamate perchè appunto “tollerate” dallo Stato, il quale fissava le tariffe da richiedere, le tasse da pagare e i controlli medici da effettuare sulle dolci fanciulle.
In seguito Crispi, con una legge del 1888, vietò l’apertura di queste case in prossimità di luoghi di culto e scuole, ed impose che le persiane dovessero restare sempre chiuse; da qui presero il nome di “case chiuse”.
E ancora, più tardi, le tariffe fisse delle case vennero ridotte ulteriormente, per cercare di limitare la prostituzione libera, che avveniva al di fuori di ogni controllo di igiene e sicurezza.
Bella pensata eh?
Per tutto il XX secolo ci saranno varie dispute circa la chiusura delle case: un Filippo Turati di qua, un Benito Mussolini di là, ma nulla di concreto.
Sarà solo il 20 settembre del 1958 che, a seguito di un lungo dibattito, verrà introdotto suddetto reato con la legge Merlin.
Inutile dire che il problema non fu risolto, semplicemente, si iniziò a far finta che non esistesse.
Ma siamo sicuri che sia la soluzione migliore?
Non sarebbe meglio seguire l’esempio di paesi come la Svezia, la Norvegia, o l’Olanda, dove il meretricio non solo è legalizzato, ma è anche tutelato? Dove le prostitute non sono costrette a vendersi in mezzo ad una strada, con la quasi completa assenza di precauzioni igieniche, vittime di giri loschi, ma anzi, hanno accesso alla previdenza sociale, possono riunirsi in sindacati e pagano le tasse, essendo considerate, dal punto di vista legale, come chiunque lavori in proprio?
Suvvia, in fin dei conti è il mestiere più antico del mondo, e non sarà certo una multa da pagare a distogliere gli uomini dall’andare a donne. Sarebbe più saggio, invece, garantire la dignità e la sicurezza delle donne che scelgono di prostituirsi. Esatto, “scelgono”, perchè le prostitute non sono per forza ragazze madri disperate che cercano di guadagnare la caparra vendendosi, ma anche donne che decidono consapevolmente di disporre come meglio vogliono del loro corpo.
C’è chi ritiene sia più dignitoso occupare un posto in Parlamento piuttosto che in una casa di tolleranza.
Sarà, tanto sempre in quel posto finisce, è solo una questione di prospettiva.