Da certi definito come il “papa marxista”, Papa Francesco si è più volte espresso contro una “economia che uccide”. In un libro che vede riflessioni sul rapporto tra Chiesa e economia, il papa critica un sistema che non funziona.
Questa Economia Uccide
Nel suo libro, Questa economia uccide, il papa tratta degli argomenti di cocente attualità quali la disuguaglianza economica, lo spreco di cibo e risorse, accusando lo stesso paradigma economico dominante. Il Pontefice inizia con il considerare il grande e drammatico paradosso che il mondo sta vivendo. Pur avendo sconfitto lo spettro delle carestie grazie alla maggior produttività agricola, quale ormai in grado di garantire cibo a sufficienza per tutta la popolazione mondiale, lo spreco, lo scarto, il consumo eccessivo e l’uso di alimentari per altri fini si contrappongono alla sofferenza di interi popoli che riescono a stento a soddisfare il proprio fabbisogno alimentare.
Una parte del mondo soffre i problemi della malnutrizione, della scarsità mentre l’altra affoga nei fast-food. Tuttavia la considerazione che più preme il Pontefice è la denuncia della totale indifferenza di chi da più importanza alla perdita di due punti in borsa piuttosto “al fatto un anziano muoia assiderato sotto casa”. La critica è dunque rivolta ad un’iniquità che produce degli scarti, degli esclusi, degli avanzi che soffrono “l’economia che uccide”, un’economia che dimentica le sue radici umane per rannicchiarsi in un’ampolla di freddi numeri e inumane cifre.
Rimedi?
Dunque quali rimedi apporre? Quali soluzioni sono da applicare? Papa Francesco è chiarissimo: “bisogna rinunciare all’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria e agire anzitutto sulle cause strutturali dell’iniquità”. Lette nove anni fa queste parole avrebbero suscitato scalpore e riprovazione in chiunque, ma, ora che le ferite della crisi sono meno fresche, risuonano di grande attualità. E’ giunto il momento infatti per aprire una riflessione sul reale livello di indipendenza da devolvere ai mercati dato che ormai il nesso tra una finanza selvaggia e la crisi appare sempre più evidente. Occorre che la politica, continua il Pontefice, “riporti al centro dei dibattiti la dignità della persona umana e il bene comune”. Queste considerazioni infatti non funzionano come “chiudi fila” delle politiche economiche dei governi ma anzi devono essere i pilastri su cui essa stessa di fonda: riportare al centro l’uomo, ecco la parola d’ordine. A lungo l’economia è stata considerata come un assembramento di esoteriche formule e cifre andando così perdendo di vista il vero centro di gravità delle scienze economiche, l’uomo. In questa situazione, ormai solo la disoccupazione risulta l’implicazione più umana dell’economia, in ultimo dimenticando che dietro a indici come il PIL o lo spread si nascondo volti e corpi.
La conclusione del Papa
Papa Francesco conclude il libro ribadendo il nostro ruolo di protettori e custodi della terra e non di padroni affermando infatti che questa “ci è stata affidata perché possa essere per noi madre, capace di dare quanto di necessario a ciascuno per vivere”. La terra, continua il Pontefice “non è un’eredità dei nostri genitori ma un prestito che fanno i nostri figli a noi”.
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