Il latifondo e la pastorizia sono tradizioni radicate nel Centro Italia. Infatti quest’area non fu investita dall’ondata di innovazione tecnologica e industriale del XIX secolo che, al contrario, coinvolse Lombardia, Piemonte ed Emilia. Ciò ha fatto sì che alcuni mestieri “antichi” sopravvivessero alla modernizzazione del settore primario.
Uno di questi è quello del buttero, una sorta di cow boy nostrano, che al contrario del suo alter ego americano non sparava, ma si occupava esclusivamente del gregge. Le sue origini sono antichissime. La maremma e l’agro pontino erano le zone in cui la loro attività era più diffusa. Infatti, prima delle grandi bonifiche fatte durante il fascismo. queste erano aree malsane, poco adatte all’agricoltura, per questo si prestavano bene al pascolo brado. I butteri pascolavano vacche maremmane in sella al loro cavallo, un mestiere da sempre molto faticoso e impegnativo, che aveva come requisito fondamentale il saper cavalcare e avere un grandissimo senso dell’orientamento.
Essi sono uno splendido esempio di attaccamento alle tradizioni ed al territorio. Anche nei periodi più bui della storia di queste zone i butteri scelsero sempre di restare nonostante ogni avversità. In particolare negli anni immediatamente successivi all’annessione del Ducato di Toscana al Regno d’Italia, ci fu una grave diffusione di malaria. La causa fu la mancata cura delle aree acquitrinose da parte del nuovo governo centrale. Così dal 1859 buona parte della popolazione maremmana si trasferì in paesi limitrofi per evitare di contrarre la malattia. I butteri furono tra i pochi che scelsero di rimanere; andarsene sarebbe stato uno sfregio nei confronti della loro terra.
Nel dopoguerra, la diffusione dei film western attirò su di loro una sorta di interesse quasi cinematografico vista la similitudine con i cow boys d’oltreoceano. Ma nonostante l’aura di eroicità che ammantava la categoria, negli anni ’50, i butteri cominciarono a diminuire drasticamente a causa dell’industrializzazione e dello sviluppo dell’allevamento intensivo. Le vacche maremmane, che erano il loro core business, furono alloggiate al chiuso e piano piano sostituite dalle chianine. In questo nuovo quadro organizzativo il mestiere del buttero diventò marginale, per non dire inutile, e si è così rischiato di perdere il patrimonio inestimabile di valori che questa figura aveva conservato.
Nonostante le difficoltà, la figura del buttero è sopravvissuta anche al XX secolo, anche se oramai sono una risorsa quasi esclusivamente folkloristica. Attualmente esistono una decina di associazioni che tramite il loro lavoro e gli spettacoli dimostrativi continuano a portare avanti la tradizione.
Fonti:
http://www.segniditerra.net/sito/laboratorio/il-mestiere-del-buttero