La guerra si appropria della città di Mosul. Nel tentativo dell’esercito iracheno di riconquistare la città (presa dallo Stato Islamico nel Giugno 2014), Mosul viene messa in ginocchio. I civili hanno paura e sono inevitabilmente vittime del conflitto. Tra di loro anche tanti bambini.
Mosul
Sono passati oramai più di due anni da quel giugno 2014 in cui lo Stato Islamico (Isis), o Da’esh, prese la città irachena di Mosul. Lo scorso 17 ottobre l’esercito iracheno, assieme ai peshmerga curdi e gli sciiti iracheni, ha lanciato l’offensiva contro l’Isis per riconquistare la roccaforte del califfato, scegliendo inevitabilmente come campo di battaglia la città stessa di Mosul. La popolazione locale vive costantemente nel terrore, in una scena quotidiana di morte e disperazione, da cui non sono esclusi anche migliaia di bambini.
I bambini di Mosul
Sono proprio i bambini le vittime più misere di questo tragico conflitto che sta divorando le vite di migliaia di persone. Le atrocità commesse ai danni di piccoli innocenti sono purtroppo innumerevoli, partendo dal solo fatto di un loro coinvolgimento in una tremenda guerra civile. Fonti di sicurezza della città irachena di Erbil riferiscono di miliziani del califfato che imbottiscono pupazzi e giocattoli di esplosivi da spargere poi per Mosul. E’ un crimine tanto vigliacco quanto abominevole che ha come obiettivo principale proprio i più piccoli. Donne e bambini vengono utilizzati da Da’esh come scudi umani per evitare raid aerei, come riferisce l’ONU che ha stimato circa 550 famiglie tenute in prigionia con tale scopo. Orrore persino peggiore si è palesato al ritrovamento di fosse comuni vicino Mosul contenenti 284 vittime, tra cui molti bambini, uccisi a sangue freddo con armi da fuoco. L’Isis, purtroppo, recluta forzatamente quanti più bambini possibili dai 9 anni in su per usarli come soldati. I bombardamenti aerei sulla città inoltre continuano a mietere vittime indistintamente, senza risparmiare di conseguenza alcuna fascia di età. Sono dati raccapriccianti quelli forniti da Unicef, secondo cui vivrebbero ancora nell’inferno di Mosul circa 600.000 bambini, cifra che si va ad aggiungere ai 14.000 fuggiti dalle proprie abitazioni per cercare riparo in campi di accoglienza. Più di 10.000, sempre secondo l’organizzazione umanitaria, i bambini sfollati dal giorno 17 ottobre, inizio dell’offensiva irachena e dei suoi alleati.
Mosul, Aleppo, Raqqa
Sono tante le testimonianze: migliaia di essere umani stanchi di svegliarsi con il timore di chiudere gli occhi la sera e non poterli riaprire la mattina seguente, esseri umani che non pretendono necessariamente un futuro migliore, ma solo un futuro. Sono uomini in cui si legge la sofferenza in un viso, colmo delle lacrime versate per essere costretti a scappare dalla propria terra, lasciata morente alle spalle e tinta del rosso del sangue di incolpevoli vittime. Genitori straziati dalla totale impotenza di assicurare una vita ai propri figli, costretti a essere testimoni diretti di violenze e sfruttamenti di ogni genere e ignari del significato di parole come innocenza e infanzia. Il caos di Mosul sembra richiamare quello di Aleppo o di Raqqa. Testimonianze del fatto che l’inferno non è un luogo per bambini.