di Ettore Gasparri
“Per la politica il carattere conta molto più dell’intelligenza: è il coraggio che conquista il mondo” e sicuramente “Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità”. Sono questi due degli aforismi più famosi di Joseph Göbbels. Per i pochi che non lo sapessero, o che più semplicemente non ricordassero il suo nome, Joseph Göbbels fu il ministro della propaganda nazista, e forse il più grande fautore del successo politico di Hitler. È tuttavia allarmante notare quanto queste massime possano essere utili per analizzare l’ambiente politico che si è andato creando negli ultimi anni, in particolare dopo la crisi del 2008, a livello mondiale.
Il fenomeno populista, nella cui grande famiglia si può far rientrare anche il Nazionalsocialismo, è infatti in ascesa in tutto il mondo occidentale, con le due caratteristiche sopra citate. Un uomo forte che pare lontano da tutto l’establishment, e che spinge, insieme ai suoi sostenitori, su praticamente un unico concetto. Un mantra. Una giaculatoria. Qualcosa che suona più o meno così “Non è solo il governo ad essere fallito e corrotto, ma tutto il sistema”. Ed, ovviamente, questa nuova e vecchia linea politica cavalca due sentimenti diffusi che spesso si stringono la mano. Rabbia e paura. Rabbia contro i governi che non sembrano in grado di arginare i problemi di carattere economico e sociale, dai quali il popolo è investito, e che anzi sembra facciano il volere di banche e di poteri forti esterni allo Stato. Ed una conseguente paura che si sfoga generalmente sia contro il nuovo, gli immigrati o le istituzioni europee, sia contro la classe dirigente, che un po’ come gli ebrei per Hitler o l’aristocrazia nella Russia rivoluzionaria, rappresentano il “nemico interno” al Paese.
Questa diffusione e successo del populismo non è solamente un’ impressione generale, ma è confermata da alcuni studi, in particolare quello condotto dall’istituto inglese “Yougov” secondo il quale i più sensibili al populismo, a livello europeo, sarebbero i romeni (82%), mentre gli ultimi i tedeschi (18%). Il nostro Paese sarebbe una via mezzo (47%), ma sempre dietro Francia (63%) e Olanda (55%) e accanto al Regno Unito (48%). Ed ovviamente è confermato anche dai successi politici di partiti come Front nazional, il Partito del popolo danese, I democratici svedesi, i Veri finlandesi e il Movimento 5 stelle e da figure politiche come Farage, Orbán e sopra tutti Trump.
Ora non vogliamo dire che stiamo per ripiombare in un’epoca caratterizzata da dittatori, partiti unici e mancanza di libertà, ma la storia insegna come il populismo sia spesso sfociato in questo. Nell’utopica speranza che un solo uomo al potere, non contrastato dall’opposizione, possa prendere le giuste decisioni per risolvere i problemi di milioni di persone, ci stiamo allontanando dai valori democratici sull’onda della rabbia e della paura. Non lasciamoci quindi prendere da questi sentimenti e non rivolgiamoci ad una sorta di infallibile deus ex machina, bensì alle istituzioni e a professionisti della buona politica che per quanto fallaci e incapaci di risolvere alcuni problemi garantiranno sempre i valori democratici.
Fonti: Ansa, Internazionale