Genius è il primo film di Michael Grandage, che arriva sul grande schermo dopo una carriera dedica interamente alla regia teatrale. Nelle sale italiane dal 9 novembe, la pellicola vede sullo schermo grandi attori come Colin Firth, Jude Law, Nicole Kidman, Dominic West e Guy Pearce. Di cosa tratta, però? Sarà una cosa in stile A Beautiful Mind? No, perché il genio in questione non ha niente a che fare con la matematica ma tutto a che vedere con la letteratura.
Scritto da John Logan e basato su “Max Perkins: Editor of Genius” del biografo A. Scott Berg, la pellicola narra le vicende di due personaggi, lo scrittore americano Thomas Wolfe (Jude Law) e Maxwell Perkins (Colin Firth), il suo editore newyorkese, e non uno qualunque. Durante la sua carriera alla Charles Scribner’s Sons, storica casa editrice americana, Perkins ha contribuito alla pubblicazione di alcuni dei più grandi capolavori della letteratura americana, tra cui “Addio alle armi” di Hemingway e “Il fiume e il tempo” di Thomas Wolfe, ridefinendo il senso moderno del ruolo di editor.
I due uomini strinsero un legame profondo, che li portò a collaborare sui primi due dei quattro romanzi di Wolfe: un rapporto durato poco più di un decennio ma che li segnò indelebilmente. L’intensità della loro relazione, però, metterà a dura prova tutti gli altri rapporti della loro vita, come quello di Wolfe con Aline Bernstein (Nicole Kidman), nota costumista teatrale e amante di Wolfe, e quello di Perkins con la moglie Louise Saunders (Laura Linney). Irrefrenabile e in continua trasformazione, quest’amicizia cambierà per sempre le vite di questi uomini brillanti e così diversi tra loro.
Insomma, si parla di lotta per il successo e delle sue conseguenze, come possa cambiare le persone e le loro relazioni con gli altri, soprattutto quelli più vicini. Ma cosa accadde nella realtà? Partiamo da William Maxwell Evarts Perkins, nato nel 1884 a New York e cresciuto a Plainfield, nel New Jersey. Laureato in economia all’Università di Harvard, lavorò come reporter per il New York Times, prima di unirsi alla Charles Scribner’s Sons, una celebre casa editrice, fondata nel 1910 e molto importante ancora oggi. È stato sempre un uomo dedito alla famiglia, sposato con la drammaturga Louise Saunders, con cui ha avuto cinque figlie.
La Scribner era già una casa editrice rinomata quando Perkins cominciò a lavorare con loro. Perkins, però, aveva una grande passione per la scoperta di giovani autori, il cui lavoro era innovativo. Nel 1919, infatti, riuscì a pubblicare il lavoro di un giovane scrittore di nome F. Scott Fitzgerald. Quando la Scribner pubblicò “Di qua dal paradiso” nel 1920, il libro annunciò l’arrivo di una nuova generazione letteraria, per la cui definizione Perkins dedicò gran parte del suo tempo e del suo lavoro. Durante il suo periodo alla Scribner, ha curato i lavori di scrittori quali Ernest Hemingway, Marjorie Kinnan Rawlings, J.P. Marquand, Erskine Caldwell, James Jones, Marguerite Young e tanti altri.
Ma tra tutte la sua relazione più importante fu quella con l’autore che, a vent’anni, gli portò il suo manoscritto di 1100 pagine. Si trattava di Thomas Clayton Wolfe. Nato ad Asheville, in North Carolina nel 1900, fu uno scrittore estremamente prolifico, tanto che inviava valanghe di scritti a Scribner, con frasi così lunghe da poter coprire un’intera pagina e con uno stile soave, profondamente autobiografico, che immediatamente suscitò l’interesse di Perkins.
Per rientrare negli standard di pubblicazione dell’epoca, però, Perkins era consapevole che avrebbe dovuto operare un radicale lavoro di editing sulle sue opere. Fu così che i due uomini strinsero un legame profondo, che li portò a collaborare sui primi due dei quattro romanzi di Wolfe, “Angelo, guarda il passato” (Look Homeward, Angel) e “Il fiume e il tempo” (Of Time and the River). La loro relazione professionale durò meno di un decennio, ma segnò le loro vite fino alla loro scomparsa.
Si vede già nella dedica di “Il fiume e il tempo”, rivolta proprio a Perkins, nonostante le sue proteste. “Questo libro è dedicato a Maxwell Evarts Perkins” scrive. “Un uomo onesto e coraggioso che è rimasto al fianco dello scrittore di questo libro anche nei momenti di profondo sconforto. L’autore si augura che questo libro si dimostrerà all’altezza delle sue aspettative”.
E’ un raro riconoscimento pubblico del lavoro a cui Max Perkins aveva dedicato la sua vita. “Se torniamo agli esordi di Fitzgerald, Hemingway e Wolfe, erano stati tutti e tre degli scrittori rifiutati”, dice A. Scott Berg, che ha pubblicato la biografia definitiva “Max Perkins. L’editor dei geni” nel 1978, segnando così l’inizio del viaggio, durato trentacinque anni, di questa storia. “In effetti, Fitzgerald era stato rifiutato tre volte dalla Scribner prima che Max Perkins scommettesse sul suo lavoro. Hemingway stava per essere abbandonato dal suo editore e Thomas Wolfe aveva ricevuto rifiuti da tutta la città. Perkins è stato capace di vedere la genialità in tutti e tre questi autori e ha lavorato con loro, spesso nel suo tempo libero. Scribner non era nemmeno interessato; Perkins arrivò a dire a ognuno di loro “Anche se dovremmo rivolgerci altrove per farvi pubblicare, io vi aiuterò”.
E’ così, si capisce anche perché il genio di cui si parla, non è quello del premio Nobel John Forbes Nash jr (interpretato da Russell Crowe in A Beautiful Mind). Il Genius scelto da Berg per il suo libro e poi da Michael Grandage per il film, è quello della definizione latina. Una divinità custode, che veglia su una persona. “E Perkins divenne letteralmente un angelo custode per questi scrittori”, sottolinea Berg. “Chi era il genio in questa relazione? Perkins era un editor geniale o piuttosto l’editor del lavoro di geni?”
Una domanda la cui risposta non è affatto semplice. Forse erano geni entrambi. Certo è, però, che tra i tre giganti pubblicati da Perkins, F. Scott Fitzgerald, Hemingway e Thomas Wolfe, quest’ultimo è stato quasi completamente dimenticato. Speriamo che Genius ispiri la gente a leggere “Angelo, guarda il passato” o “Il fiume e il tempo”.
Fonti e Credits: Eagle Pictures
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