Più un autore è in grado di costruire personaggi in cui è facile immedesimarsi, più le sue storie avranno successo. Li amiamo, li odiamo, vogliamo sapere cosa ne sarà di loro. Funzionava bene nei romanzi a puntate, ora anche meglio nelle serie tv. Così bene che in un futuro forse non troppo lontano, è stato costruito un vero e proprio parco a tema, o forse, è meglio chiamarlo set, in cui ognuno può diventare il protagonista della storia.
E’ Westworld, parco a tema western interamente popolato da androidi sintetici; un luogo in cui i visitatori possono immergersi completamente nell’avventura, vivere le loro fantasie più sfrenate e dare sfogo alle proprie perversioni. Fanno ciò che vogliono senza preoccuparsi delle conseguenze, perché non ce ne sono. D’altra parte, le vittime sono solamente dei robot, giusto?
Così sembrerebbe, anche se il lavoro del team di sviluppo è quello di renderli sempre più realistici, umani. E’ lo stesso dottor Robert Ford, direttore creativo del parco, ad aggiornare gli androidi con delle “fantasie”, affinché essi possano avere un comportamento più umano.
Le cose ovviamente non scorrono lisce come l’olio come ci vorrebbero far pensare, anzi -d’altronde Jurassic Park docet. Gli androidi cominciano a sognare, a ricordare le loro vite precedenti. Ma come può una macchian svegliarsi nel bel mezzo della notte con i sudori freddi? Eppure dopo l’ultimo aggiornamento, diversi androidi cominciano a comportarsi in modo strano, sfuggendo al controllo degli umani e dubitando della realtà del loro mondo.
Questo è il mondo narrato da Westworld, il nuovo show targato HBO e basato su quel che da molti viene considerato un vero e proprio cult, Il mondo dei robot (Westworld, 1973), film diretto da Michael Crichton e precursore del tema della macchina che si ribella all’uomo. Insomma, le promesse sono tante, a partire dai nomi dietro lo schermo: tra i produttori esecutivi, infatti, insieme a Jonathan Nolan e Lisa Joy (i creatori), ci sono J.J. Abrams e Bryan Burk.
HBO ci ha abituato bene ed una storia in cui le macchine sono più umane degli stessi uomini, dove i confini sono labili, e la legge non esiste, non può che essere promettente.