Mi sono innamorato di te tra la corsia del cibo per gli animali e quella dei detersivi scadenti. Fai la spesa al contrario, parti dalla fine, dal reparto dell’acqua, quella silenziosa bolla isolata dal resto del mondo. Non la compri nemmeno, l’acqua. Osservi attentamente ogni prezzo di ogni confezione di ogni marca, e poi la lasci in quell’angolo protetto, ovattato, azzurro come un acquario. Quando ti ho visto per la prima volta eri lì, riflessa nel verde-acqua delle bottiglie lievemente frizzanti. Ho spiato i tuoi occhi dall’angolo in fondo, quello dell’acqua bianca, naturale, e non ho potuto capire se era la bottiglia a essere verde, o le tue iridi brillanti.
Io l’avevo finita, la spesa. E tu appena cominciata, al contrario. Me ne sono dovuto andare, perché non avrebbe avuto senso ripercorrere tutto il supermercato all’indietro solo per scoprire da quale fonte provenisse tutto quello splendido verde, e così per non sentirmi stupido ti ho lasciato a contemplare quel liquido incolore, dandomi poi del cretino per non essere rimasto con te il più possibile.
Ma oggi, oggi sono tornato, sono qui, stesso giorno, stessa ora sperando nel tuo essere abitudinaria. Fai la spesa al contrario, rimani minuti infiniti a osservare bottiglie d’acqua, ma magari rispetti gli orari, magari hai sempre lo stesso giorno libero, magari sono fortunato. E infatti ti ho incontrato, lì nel corridoio centrale, tra la corsia del cibo per gli animali e quella dei detersivi scontati. E mi sono innamorato all’istante. L’altra volta nell’“acquario” non ne ero convinto; avevo percepito una strana sensazione: estasi mista a nausea. Ma non avevo capito. Oggi incrociandoti come se non ti avessi mai vista prima ho capito fulmineamente di essermi innamorato di te.
Anche io sto facendo la spesa al contrario oggi, quindi ti sto inseguendo canticchiando con non-chalance tra musi di gatti che mi scrutano, affamati e seducenti, dagli scaffali ricolmi di scatolette di avanzi di carne e pesce che costituiscono la loro cena. Oddio ecco, mi sento uno stalker! Ma lo siamo un po’ tutti, io credo. A volte è semplicemente come essere soggetti a un’incontrollabile forza magnetica. Io ferro, tu calamita: non c’è destino per me se non quello di essere da te attratto, se non quello di appiccicarmi al tuo corpo… ok! Non è il caso, non è il momento di pensare a questo! Luogo pubblico, radio in sottofondo, gente che ci cammina di fianco… Se comincio a pensare al tuo eventuale corpo nudo appiccicato al mio potrei avere dei problemi. L’anziano che mi scivola vicino mi guarda e io arrossisco di rimando, anche se lui non può sapere. Forse dovrei fingere di fare la spesa, che poi era lo scopo primario per cui sono venuto; certo speravo di vederti, ma non credevo davvero che questo sarebbe mai potuto risuccedere.
Il tuo carrello è ancora vuoto. Siamo quasi a metà supermercato e tu non hai ancora comprato niente. Eppure ti muovi lentamente, soffermandoti in ogni corsia. Sembra che ti piaccia proprio stare qui, farti guardare da me… perché non ci credo che non mi hai ancora notato. Sono pessimo. Mi nascondo tra gli scaffali fingendo di essere assolutamente assorto nella mia spesa. Il carrello è già mezzo pieno di cose inutili: una rivista di gossip, una confezione di patatine fritte alla paprika (sottomarca di una sottomarca), una bottiglia di un vino sconosciuto (era il più economico), tre confezioni di carciofi surgelati, uno straccio blu, del detersivo per il wc, e ho preso addirittura una scatola di semini per canarini (l’ultimo mi è morto circa 8 anni fa!). Ah ecco, dei cotton fioc (l’unica cosa che in effetti mi serviva, e solo perché erano sulla lista, non perché io li usi in qualche modo!).
Stai mettendo qualcosa nel carrello finalmente. Abbiamo ormai superato la metà, siamo quasi all’inizio, reparti del cibo. Ti osservo come se fino ad ora avessi fatto altro (e in effetti dell’altro l’ho fatto, riempiendomi il carrello di prodotti assolutamente non necessari). Le tue mani tendono sicure a un barattolo di peperoni rossi sott’olio: sei timida, lo percepisco come un’illuminazione istantanea; sono sicuro che se fossimo sposati da più di vent’anni e io ti facessi un complimento inaspettato, arrossiresti ancora. Insieme ai peperoni metti nel carrello dei cetriolini: e sei generosa, incredibilmente generosa, e gentile, come quella volta che hai regalato a un mendicante il panino che ti eri preparata per pranzo; come so che l’hai fatto? Non lo so, ma ti sto conoscendo attraverso le cose che compri. Due pacchi di pasta, farfalle: ma soffri di sbalzi d’umore, di quelli che non sempre sono facili da accettare per chi ti sta intorno e ti vuole bene e vorrebbe vederti felice. Al bancone del pesce ordini delle sogliole, e quattro spiedini di gamberi: ti credi una persona “normale” e talvolta questa cosa ti fa male; ti sdrai sul balcone di casa tua, nelle notti d’estate, e guardando il cielo senti che è per la tua eccessiva “normalità” che non riesci a trovare una persona che ti apprezzi davvero. Ti senti terribilmente sola, nonostante gli amici. Torni velocemente indietro: le uova. Ieri, sei arrivata a casa dal lavoro, hai steso sul tappeto della sala la cartina gigante che hai recuperato tra le cose abbandonate in cantina e sdraiandoti hai appoggiato la guancia sulla Cina, hai allungato la mano sull’Alaska e ti sei addormentata così, abbracciando il mondo.
Metti nel carrello dei baccelli di vaniglia e della panna per dolci: sei romantica, saresti una fidanzata perfetta! I regali degli anniversari li fai sempre e solo artigianalmente: bigliettini, cartoncini, segnalibri, album fotografici, lettere. Sono anni che crei, senza nessuno che possa goderne, di tutto questo amore. Yoghurt: però sei precisa, e non tolleri le cose fatte male, tanto per farle; per questo hai litigato tantissimo con tua sorella, al suo matrimonio; si era dimenticata di mandare l’invito a quell’amico di famiglia di cui eri innamorata da piccola. Eri bruttina da bambina e lui non aveva mai capito quanto tu fossi potenzialmente bella. Il matrimonio era l’occasione per dimostrarglielo, e tua sorella non l’aveva invitato! Tornando a casa avevi pianto sul tuo cuscino per esserti arrabbiata con lei il giorno più importante della sua vita. Che poi, perché il matrimonio deve essere il giorno più importante della vita? Non avevi dormito e la mattina dopo l’avevi chiamata per scusarti; ma lei ti aveva già perdonata.
Frutta, un sacco di frutta nel tuo carrello, colorata e fresca: kiwi, mandarini, arance, mele, limoni, pere, uva, ananas, un avocado. E poi verdure di ogni tipo. La tua vita è bella, ma non hai mai fatto quel viaggio che ti eri prefissata quando ti sei laureata; è che ti serve il compagno giusto.
Ti leggo a ogni prodotto come si fa con le etichette degli ingredienti. Sei originale, sei vera, sei dolce ma pungente e triste come un gelato al pistacchio. Ti scarto lentamente tanto che a fine spesa mi sembra di conoscerti alla perfezione.
Ti metti in coda alla cassa e io abbandono il mio carrello di fronte all’insalata insacchettata, tanto non mi serve niente di quello che ho scelto. Non posso lasciarti andare senza parlarti, senza fermarti, senza chiederti: «Hey, scusa, ciao. Non so perché lo sto facendo, è che… ciao! Scusami volevo chiederti, cioè volevo dirti… Va bene, insomma, ricomincio. Ciao! Sono Federico – tendo la mano, e tu me la stringi guardandomi in un modo che, mi sembra di impazzire – ti ho visto, mentre facevi la spesa, cioè non è che io ti abbia seguito, è che abbiamo fatto la strada insieme, insomma… vorrei invitarti a mangiare fuori perché sei a casa da sola stasera e non vorrei che ti addormentassi su una cartina geografica. Ti trovo molto bella io, non come quell’amico, e anche profondamente triste. Cioè non voglio insinuare che tu sia insoddisfatta della tua vita, anzi, è solo che ho avuto l’impressione… io adoro viaggiare!».
Allora vedo che i tuoi occhi sono verde-acqua davvero, non era la bottiglia. Mi sorridi dolcissimamente e dici: «Sei molto gentile sai, solo che il mio fidanzato mi aspetta a casa per la cena. Mi dispiace di averti dato l’impressione sbagliata. Ti ho visto. Dall’inizio, dal fondo, dalla corsia del cibo per gli animali. Ti ho sentito, che eri lì dietro di me, e come una calamita… solo che…»
«Scusami, sono un cretino!» Riguardo per un attimo le tue iridi acquose, mi volto e me ne vado. Passa meno di un minuto circa e sento la tua voce richiamarmi indietro. Mi chiami per nome: «Federico, hey, vieni qua. Tieni!» mi tendi un sacchetto di biscottini al limone. «Beh, grazie» ti sorrido e me ne vado davvero.
I biscottini al limone sono l’unica cosa che pago e che porto a casa.
Fino alla mattina dopo non mi accorgo che sul lato della confezione, tra i valori nutrizionali, sono segnate, in una scrittura rotonda, le dieci cifre del tuo numero di telefono, e il tuo nome, solo per me. Ferro e calamita, calamita e ferro, non sono più sicuro dei nostri ruoli.
Il mio frigo è vuoto e sono stanco perché non ho dormito assaporando l’amarezza del tuo rifiuto che stamattina si è trasformato in 700 grammi di friabili biscottini al limone. Prendo il cellulare e ti chiamo all’istante.
A cura di Federica Tosadori
2 commenti su “700 grammi di biscottini al limone”
Ti giuro che mi sono commossa. Forse perchè è sera e sono stanca, ma mi hai toccato. Mi hai riempito il cuore, me l’hai spezzato, e poi me l’hai scaldato con quelle dieci cifre di pura sorpresa. Mi sa che lo rileggerò un’altro paio di volte 🙂
*Un altro*, perdonatemi, colpa della stanchezza.