di Andrea Alfieri
La passione per una squadra di calcio si innesta così profondamente nell’animo umano da assumere connotati quasi mistici. Non a caso si parla di “fede” calcistica, di devozione. Molti fatti hanno però dimostrato come questa fedeltà vada molto spesso a scapito della squadra stessa, con manifestazioni che mostrano il volto estremo del tifo.
Nella mia carriera da tifoso ho sentito blocchi di gradinate sorprendersi per l’assegnazione di falli più che palesi; ho assistito alla “crocifissione” di eccellenti giocatori a colpi di preconcetti; ho avuto una più chiara delucidazione su chi siano le madri di pressoché ogni arbitro, guardalinee o quarto uomo italiano ed europeo.
Questo è il tifo che ti aliena dalla realtà: l’assuefazione di un gruppo omogeneo di persone che si rifugiano in una squadra di calcio per sfogare la domenica lo stress e le delusioni patite in settimana, affidando alla propria compagine l’onore di un riscatto personale realizzabile soltanto nella propria auto convinzione.
Se da un lato una fede sportiva può essere salvifica, quindi cruciale per l’esistenza del fedele ed insieme fondamentale per la giustificazione di ciò che si contempla (nel qual caso, la squadra), dall’altro essa può rivelarsi nefasta e violenta, proprio come qualsiasi degenerazione ideologica.
Un coinvolgimento estremo del tifoso nella propria squadra, lo porta ad immergersi in dinamiche estranee. Dinamiche nelle quali egli si sente coinvolto e parte imprescindibile, ma che in realtà non lo riguardano minimamente; processi propri della sua società del cuore che si svolgerebbero comunque e senza chiamare in causa tifoso alcuno. Quindi il tifoso si indigna se la società ingaggia questo o quest’altro calciatore; se il colore scelto per la divisa di trasferta è il rosso anziché il viola; se il proprio beniamino saluta la curva avversaria o stringe la mano ad un suo ex compagno “traditore”.
Il tifo pretende spesso di sostituire la società e di controllare la squadra, causando di contro solo situazioni scomode per quest’ultima. È il caso ad esempio dei fischi razzisti per certi giocatori di squadre avversarie: il tifo, con comportamenti di tal genere, bolla di razzismo l’intera società (cornuta) che dovrebbe sostenere, la quale di contro sarà pure costretta a pagare una multa al posto suo (e mazziata).
Una caso analogo l’abbiamo assistito nello scontro recente tra la Curva Nord dell’Inter di Milano ed il capitano della squadra Mauro Icardi. Questa parte di tifoseria, memore di uno scontro verbale con il giocatore avvenuto la scorsa stagione, ha scelto di schierarsi nuovamente contro Icardi a seguito della riproposizione del fatto nella sua autobiografia appena edita dove, alla violenza minacciata dai tifosi, ricorda di aver risposto in cuor suo col desiderio di altrettanta violenza nei loro confronti.
Appena lette le dichiarazioni del giocatore, la parte di tifo interessata ha subito smesso di sostenere la squadra (tra l’altro in un momento di estremo bisogno) iniziando la sua personalissima campagna contro Icardi, l’irrispettoso capitano di una squadra con altrettanta irrispettosa tifoseria.
Tutti noi sappiamo come nel gioco di squadra nulla sia più nefasto del particolare che prevarica sull’universale. La partita successiva al caso l’ha dimostrato. Icardi, l’interessato, tempestato dai fischi dei suoi sostenitori sbaglia un rigore, la Curva gode per questa stupidissima rivincita, si scorda dei restanti dieci giocatori e l’Inter, rimontata, perde malamente in casa.
Una fede, in quanto tale, non si nega, ne tantomeno si dubita o si avversa. Che fede calcistica è quella che smette di sostenere la propria squadra e ne aggrava la situazione sportiva? Si tratta del tifoso che si dipinge come “fedele crociato” della propria squadra e che, tuttavia, arriva a contestarla arrogantemente e violentamente, nell’isolamento di una curva che odia, maledice e, utopicamente, “combatte”.
Il tifoso è fedele finché viene corrisposto. In caso contrario, come in ogni storia che coinvolga sentimenti, quella che era una ardente passione scade lentamente in una mesta sopportazione.
Crediti:
- immagine di copertina (Lettera43, 20/02/2015 – link)
- immagine interna (Corriere dello Sport, 19/03/2015 – link)