Una volta la luna era una pesca
appoggiata sull’orizzonte di una coppa
colma di un mare che ora non so.
Come una natura morta
ma senza la morte, la vita
luccicava d’argento sull’acqua
stillava succo sanguigno
la pesca matura dalle piccole vene.
Le recise un coltello, uno spicchio
rimase dei quattro che furono
sul mare di poco più scuro.
Uno squarcio disvelò il nocciolo
le sue inutili circonvoluzioni
e la secchezza dei solchi
fu decreto di morte cerebrale.
Un gabbiano rode lo spicchio
e ne ricrescono due
e quello rode ancora
e riappare la pesca
e di nuovo il gabbiano.
La tracotanza è punita
di un novello Prometeo, il nocciolo
che volle liberare i pensieri
dalla polpa dolciastra del cuore.
Ora paga un pegno di morte:
la pesca è la luna dal bianco lucore
è pallore di un morto