Stai per cominciare a leggere il nuovo romanzo “Se una notte d’inverno un viaggiatore” di Italo Calvino. Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell’indistinto. La porta è meglio chiuderla; di là c’è sempre la televisione accesa. […] Prendi la posizione più comoda: seduto, sdraiato, raggomitolato, coricato. Coricato sulla schiena, su un fianco, sulla pancia. […] Distendi le gambe, allunga pure i piedi su un cuscino, su due cuscini, sul tavolino da tè, sulla scrivania, sul pianoforte, sul mappamondo. Togliti le scarpe, prima. Se vuoi tenere i piedi sollevati; se no, rimettitele. Adesso non restare lì con le scarpe in una mano e il libro nell’altra. […] Che c’è ancora? Devi far pipì? Bene, saprai tu.
Il primo capitolo: un manuale di lettura. Calvino ci spiega come leggere un libro (il suo libro? Qualsiasi libro?). Quale deve essere la posizione delle gambe, dei piedi, il luogo, il momento adatto. Entra con il suo lettore in libreria, passa in rassegna con lui tutti gli scaffali, gli altri libri, lo accompagna alla cassa, paga, sale con lui sul tram, arriva a casa. Lo fa accomodare sulla sua poltrona preferita, crea le condizioni ottimali per la lettura di un romanzo. E poi comincia con la storia.
Ma prima della storia, una premessa. Una presuntuosa, noiosa ma necessaria premessa. Chi conosce già cosa siano un autore e un lettore modello, può anche saltarla. Non siamo originali come pensavamo. Ma in caso contrario, vi tocca. Saremo brevi, promesso.
L’autore modello è una voce che parla affettuosamente (o imperiosamente, o subdolamente) con noi, che ci vuole al proprio fianco, e questa voce si manifesta come strategia narrativa, come insieme di istruzioni che ci vengono impartite a ogni passo e a cui dobbiamo ubbidire quando decidiamo di comportarci come lettore modello.
(U. Eco, Sei passeggiate nei boschi narrativi, Milano, Bompiani, 1994, p.18).
In primis: la voce di Calvino è sempre affettuosa, mai imperiosa né tantomeno subdola. No, per dire.
In secundis: di cosa stiamo parlando? Stiamo parlando del fatto che Calvino ha creato un labirinto, non un romanzo. Proveremo ad affrontarlo, sperando di essere chiari.
Aggiungiamo due figure a quelle dell’autore e lettore modello, innanzitutto: autore e lettore empirico. (Conoscete già anche queste? Benissimo, potete anche chiudere l’articolo e andare a tenere una conferenza di semiotica. Non siete simpatici, però).
Adesso abbiamo tutti gli elementi per orientarci nel labirinto. Iniziamo dall’autore modello: un autore particolarmente attento al suo lettore, talmente attento che non si accontenta solo di sottoporgli il suo romanzo, ma desidera consigliargli un percorso di lettura, a livello mentale e fisico: anche la posizione delle gambe, infatti, assume importanza. E il lettore modello? Una figura che subisce passivamente gli ordini impartiti dal suo autore? Assolutamente no. Il lettore modello non deve sentirsi mortificato o umiliato dal ruolo che gli è stato dato, in quanto si tratta di un ruolo di primissimo ordine: senza il lettore modello, l’autore modello non potrebbe esistere. Per il corretto funzionamento del romanzo, infatti, è necessario che il lettore modello segua pedissequamente gli ordini dati dall’autore, stando al gioco e portando avanti il percorso narrativo che gli è stato proposto.
Tutto chiaro, quindi: Calvino è l’autore modello che ci chiede di essere lettori modello e di seguire il suo percorso narrativo. Ecco, se parlassimo di un altro romanzo sarebbe così. Ma Calvino, in questo caso, ha deciso di mescolare un po’ le carte, rimanendo dietro le quinte e delegando il ruolo di autore modello al narratore, ossia a chi parla in prima persona, a chi racconta la storia; ma soprattutto, incaricando quello che lui definisce il Lettore di svolgere il ruolo di lettore modello. Chi è questo Lettore? Una figura a cui Calvino parla direttamente, riferendosi con il “tu”, una figura che assume sembianze diverse all’interno della storia e che non ha niente a che vedere con noi che leggiamo il romanzo –o almeno, così pare-. E noi, quindi? Noi che abbiamo comprato il libro, che stiamo per cominciarlo, che non vediamo l’ora di scoprire dove l’autore voglia andare a parare, siamo completamente svuotati di significato? Più o meno. Evidentemente, Calvino è stato prudente: ha deciso di non fidarsi, non era sicuro che fossimo in grado di assumere il ruolo di lettori modello, aveva paura che, a un certo punto, ci saremmo ribellati, temeva l’anarchia. Ma, come abbiamo detto, l’autore modello ha bisogno del lettore modello, per esistere. E, a scanso di equivoci, per evitare di rimanere senza queste due figure, Calvino ha deciso di crearle artificialmente: un autore modello, ossia il narratore, e un lettore modello, cioè il Lettore. Anzi, per essere proprio sicuro, Calvino ha creato anche l’alter ego femminile del Lettore, la Lettrice Ludmilla. E ha deciso di far innamorare Lettore e Lettrice. Ha creato tra loro un legame indissolubile per impedire a noi, ingrati e semplici lettori, di rovinare la sua struttura perfettamente costruita.
Tutto qui: Calvino se ne lava le mani, si tira fuori dai guai, sta dietro le quinte e fa il regista. Geniale.
Noi siamo semplici lettori empirici. E, come tali, non dobbiamo per forza seguire le istruzioni dell’autore modello, per leggere il romanzo. Soprattutto perché l’autore modello ha preferito il Lettore a noi. Dunque, noi siamo autorizzati a leggere il romanzo con la televisione a tutto volume, mentre facciamo la spesa e con le gambe posizionate come più ci aggrada.
Sia chiaro: questo non può e non deve impedirci di cogliere la bellezza del romanzo. Oltre al fatto che qualsiasi lettore, se desidera, può diventare il Lettore. Non è quello il ruolo che Calvino ha deciso di assegnarci, l’autore ha preferito andare sul sicuro e creare appositamente questa figura, non poteva rischiare. Ma, comunque, noi possiamo decidere di comportarci come se fossimo lettori modello. Distesi sul letto, nella nostra camera, accoccolati sulla poltrona di fronte al camino: nessuno lo saprà mai.
La bellezza del romanzo, abbiamo detto. Una bellezza che si concretizza nella fantasia dell’autore, nella grandissima quantità di personaggi, nell’ironia latente, o semplicemente nella parola. “Se una notte d’inverno un viaggiatore”, infatti, è un elogio della lingua, il trionfo della linguistica, un labirinto costruito secondo le regole della frase, secondo un sapiente gioco d’incastri dove la storia perde significato di fronte alla vera protagonista, alla maestra indiscussa di ogni relazione umana, alla meravigliosa, maestosa e magniloquente Grammatica:
Siete a letto insieme, Lettore e Lettrice. Dunque è venuto il momento di chiamarvi con la seconda persona plurale, operazione molto impegnativa, perché equivale a considerarvi un unico soggetto. Dico a voi, viluppo non ben discernibile sotto il lenzuolo ben aggrovigliato. Magari poi andrete ognuno per conto suo e il racconto dovrà di nuovo affannarsi a manovrare alternativamente la leva del cambio dal tuo femminile al tu maschile; ma adesso, dato che i vostri corpi cercano di trovare tra pelle e pelle l’adesione più prodiga di sensazioni […] vi si può rivolgere un discorso filato che vi comprenda in un’unica bicipite persona. […] Insomma, quello che fate è molto bello ma grammaticalmente non cambia nulla.
L’amore in funzione della linguistica, insomma. L’amore tra Lettore e Lettrice spiegato tramite le regole della grammatica. Una delle più belle descrizioni dell’amore nella storia della letteratura, secondo il nostro parere. Ma questo non importa adesso.
Ciò che importa è che leggendo questo romanzo si ha l’impressione che l’autore, e questa volta parliamo di Calvino in persona, tenga in pugno il lettore e ne faccia ciò che desidera: un lettore modello, un lettore empirico, un lettore distratto, attento, ironico, burlone, simpatico, astioso. E questo ci tiene attaccati al romanzo dalla prima all’ultima pagina. Nonostante l’incastro di storie, così fitto da confondere il lettore, nonostante la perenne sensazione di nonsense, nonostante Ludmilla non ricambi immediatamente l’amore del Lettore, “Se una notte d’inverno un viaggiatore” è senza ombra di dubbio un romanzo magnetico. E non abbiamo utilizzato a caso questo aggettivo: un libro è bello a discrezione di chi lo legge. Ma quando parliamo di magnetismo, allora non esiste alcuna soggettività, perché l’attrazione che si prova nei confronti di qualcosa di magnetico è inevitabile, universale.
Avevamo promesso di parlare della storia di questo romanzo, all’inizio dell’articolo –e che saremmo stati brevi…- Non lo faremo. Non sarebbe possibile, non è questo il libro adatto. Non possiamo parlare della storia semplicemente perché “Se una notte d’inverno un viaggiatore” non racconta una storia. Ne racconta dieci, per l’esattezza. E il filo che le unisce è talmente sottile che a volte è quasi difficile da trovare. E noi non vorremmo incappare in un altro labirinto: è un miracolo se siamo riusciti a uscire da questo. Dunque: l’intero articolo consiste unicamente nella premessa. (Gli esperti di semiotica che hanno deciso di saltarla a pie’ pari saranno molto delusi). E poi questi sono gli aspetti, a nostro parere, più affascinanti dell’opera. Ci piace pensare che Calvino abbia scritto questo libro in funzione di un impianto retorico, insomma. Ed è proprio questo impianto retorico che abbiamo cercato di sviscerare. Ci siamo riusciti? Speriamo di sì. Se così non dovesse essere, qualora questo articolo avesse contribuito solamente a confondervi le idee, ci dispiace molto, non era nostra intenzione. In tal caso, il nostro consiglio –se ancora accettate consigli-, è quello di andare a comprare il libro, dimenticare tutto quello che avete letto in questo articolo, distendere le gambe e iniziarlo. Calvino dimostrerà di tenere a ogni singolo lettore, modello e non, e riuscirà a farvi orientare nel suo personalissimo labirinto. E, una volta usciti da questo labirinto, sarete comunque soddisfatti di aver trovato la strada, che il libro vi piaccia o no.