Sul lato oscuro della luna.

Sul lato oscuro della luna in molti hanno visto trame nascoste, complotti celati da un ambiente che, costantemente, ha sedotto d’orrore molti visionari pensatori. Da sempre. E da sempre ha sedotto la mia indole inquieta, io, che mi riconosco a correre tra le fila dei visionari.

Per molto tempo ho voluto vedere, di là del netto taglio di luce composto dal sole sulla sorella luna, immersi nelle tenebre, popolazioni d’individui nomadi. Essi sono vestiti con scialli strappati e laceri in più punti, come a ricordare la conformazione della superficie dell’astro che ogni momento si trovano a calcare coi loro calzari ferrati nella maniera che meglio si adatta a resistere alla ghiaia lunare. Le loro vesti sono di tutti i colori e di nessuno, il buio che avvolge i loro sguardi e le loro figure, tinge di nero ogni scosceso cratere, ogni essere e ogni oggetto; le tenebre irridono ad ogni segmento indagato e sollecitato dall’immaginazione. Infatti qualunque segmento dalle arabesche decorazioni dorate, vermiglie, smeralde, che adornano i loro copricapi maestosi e simili alle nostre feluche, è tinto inesorabilmente di nero, divorato dagli abissi ombrosi che costituiscono la quintessenza di quei luoghi.

Questo popolo trasporta, con carri e calessi di legno e metallo, il loro stesso incedere incespicante sull’impervio terreno, che si riflette così nell’andamento singhiozzante dei mezzi tra buche e valli scoscese. Proprio sopra a simili veicoli conducono il loro sostentamento: gabbie forgiate da esperte dita col più nobile metallo e adibite ad ospitare l’unica tecnologia loro rimasta dai tempi antichi. Si tratta di una tecnologia di tipo bionico: essa consiste, nella pratica, di microrganismi bionici aventi la capacità di riprodursi all’infinito, in modo perpetuo, traendo sostentamento dai processi chimici che avvengono al momento della propria distruzione. Ecco così che elementi sempre nuovi sostituiscono quelli morenti e trapassati.

Tale tecnologia è stata donata a questo errabondo popolo delle tenebre in tempi antichissimi. In un’era precedente a un possibile ricordo di alcuna mente anziana o di alcuna tradizione.

Nelle leggende che i più vecchi narrano ai più piccini, nella simbologia di riti compiuti con dovizia, all’interno di formule pronunciate con il più sincero rispetto per la propria tradizione, compaiono riferimenti vari e dettagliati riguardanti epoche precedenti a quella attuale, epoche appartenenti ormai ad eoni addietro; ma mai un accenno è stato posto, nemmeno in minima parte vi si può ritrovare un frammento o uno stralcio che narri della natura di questa portentosa tecnologia, la quale assicura sostentamento perpetuo, e nemmeno riguardo al motivo per cui tale tecnologia fu donata a loro dal popolo della luce. Lo stesso popolo, quello della luce, che vive sulla faccia luminosa della luna. Lo stesso popolo, quello della luce, che tempi addietro si adoprò con furioso sdegno sagace per cacciare nelle tenebre tutti quelli che furono i capostipiti dell’attuale popolo dell’ombra.

L’ormai obliata storia narra che ai primordi non esistessero due popoli, bensì uno solo, in armonia. Col tempo però, accadde che in questa società uniforme, alcuni individui, pochi in realtà, cominciarono a creare un loro personale codice di valori, non uno unico tra loro condiviso, ma molteplici e diversi nei vari aspetti. Accadde quindi che, nel momento in cui costoro, attraverso i loro comportamenti e i loro verbi, iniziarono a non attenersi più alle ben consolidate strutture dell’unica società, si ebbe uno scisma ed essi furono così emarginati dagli altri. Tutto ciò avvenne non con un sol gesto, non in un sol colpo di spugna, non in una condanna immediata, bensì nel tempo. Nel tempo fu decretata una condanna che portava i connotati di una disgregazione, di una scissione irrevocabile cominciata in pochi minuti e protrattasi per ore, mesi, anni. Tale era la condanna più miserabile: quella che non è mai dichiarata apertamente, che si esprime nei gesti, nelle parole, negli sguardi, nelle intenzioni di chi condanna.

Infine, quando lo scisma fu del tutto evidente, quando la miserabile condanna svelò a un tratto il miserabile stato in cui aveva costretto il gruppetto, avvenne che gli emarginati scelsero per mancanza di scelta: scelsero di scomparire del tutto, di divenire invisibili a tutti coloro che nella luce abitano, e iniziarono a pellegrinare nel buio.

Prima di varcare il solitario confine, però, al più saggio del gruppo, che si avviava tacito e ingobbito, fu donata la Tecnologia che permise il loro sostentamento futuro: quella che, se vogliamo, fu proprio l’àncora che li tenne saldamente ancorati alla situazione in cui versavano, permise cioè il protrarsi della loro miserabile condizione errabonda non consentendo il perire delle future generazioni.

Prima di varcare la lama di buio che avrebbe per sempre inghiottito i loro sguardi, il più saggio gettò l’ultimo suo lasciando che si posasse sopra la Tecnologia. Egli solo vide le forme che questa recava, a lui solo furono svelati i suoi tratti. Egli solo vi lesse incisa con arte stupenda, la parola “Compassione”: la loro unica, benedettamente maledetta, forma di sostentamento concessagli; egli tuttavia non disse mai nulla ad alcuno, e da quella notte tacque.

credits

 

Arsene Petaurum.

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