Silone un giorno si recò all’olimpo poiché gli era stata accordata una grazia da Zeus. Arrivato alle pendici del monte gli apparve il dio.
L’uomo avrebbe potuto scegliere in quale animale trasformarsi apprezzando così i pregi della belva. Silone ci pensò su un attimo e si scoprì indeciso nella scelta tra una creatura alata e una fiera possente. Non sapendo cosa scegliere fra le due rivelò a Zeus il proprio dubbio domandandogli se l’avrebbe mai accontentato trasformandolo in una creatura armata di artigli e altre prodigiose armi animali, donandogli al contempo la facoltà di volare, così da essere re dei cieli e della terra, su tutte le creature. Certo, Silone avrebbe potuto scegliere l’aquila, animale maestoso e possente. O anche il leone, animale possente e maestoso. Uno re dei cieli e l’altro re della terra.
Zeus volle comunque accordargli il privilegio di tale richiesta ed esaudì tosto il suo desiderio, tuttavia prima domandandogli se egli fosse sicuro di pretendere di non curarsi che, nello stato delle cose, tale creatura non esistesse già in natura.
Silone, tutto compiaciuto, credendo di riuscire a creare qualcosa di meraviglioso rispose affermativamente senz’altro aggiungere. Così Zeus compì il prodigio e sparì in un attimo.
Ecco cosa era diventato Silone: un pollo, un tacchino, un volatile inutile, con relativi artigli e becco, armi inutili.
Ah me povero! esclamava Silone piangendo e dimenandosi. Così facendo tornò al paese vicino per chiedere aiuto alla gente. Là, costoro lo scacciavano con pedate: quando tentava di parlare essi sentivano unicamente lo starnazzare di gallina. Nient’altro.
Ma egli esclamava, sono una vittima! Mi sono trovato in questa condizione per colpa di Zeus. Aiutatemi!
La verità è che Silone non aveva saputo scegliere coerentemente alle condizioni della vita: aveva preteso propriamente di non scegliere e ora pretendeva pure di incolpare per la propria condizione lo stato delle cose, il mondo.
Silone restò una gallina.
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