Di Fabiana Culatti
Il sorriso accomuna tutti gli uomini sulla Terra, ma questo gesto semplice attraversa molte evoluzioni.
I bambini più piccoli non riescono a prestare attenzione a tanti elementi insieme e la fonte che genera un sorriso si evolve insieme al perfezionamento dei sensi. La prima settimana il sorriso è quasi una reazione involontaria al contatto fisico, successivamente il sorriso coinvolgerà gli occhi e risponderà alla voce umana. Intorno alla quarta settimana preferisce la voce materna alle altre voci femminili, ma non la voce paterna, il cui timbro maschile viene apprezzato meno di una qualsiasi voce femminile. Dalla quinta settimana la vista diventa più importante, e anche la voce della madre diventa meno efficace del viso.
Anche in questo caso, prima distingue solo il contorno del viso umano, poi fino alle 10 settimane è sufficiente che riconosca gli occhi su un viso per rispondere con un sorriso –i bambini di questo periodo sorridono anche a maschere umane con solo gli occhi definiti-. Intorno alle 12 settimane riconosce il naso e preferisce che sia in movimento, inizia quindi a distinguere le maschere dalle persone. A 20 settimane diviene rilevante anche la bocca e a 24 preferisce i volti sorridenti. A 30 settimane riconosce con chiarezza i volti familiari.
Renè Spitz notò infatti che fino ai 5 mesi di vita i bambini sorridono indifferentemente a tutti i volti umani, sia noti che sconosciuti. In questa fase, -chiamata fase del sorriso indiscriminato– è essenziale che ci sia un contatto continuato con i familiari per formare i primi legami sociali con altre persone oltre alla madre. Dopo i 6 mesi, i bambini cominciano a discriminare i familiari: sorridono solo a coloro che conoscono e provano paura in presenza di soli estranei.
Come impara ad usare il pianto, appena il sorriso diventa un movimento volontario, il bambino nota che ad un proprio sorriso corrisponde il sorriso della madre e gesti affettuosi, e lo utilizza per avere attenzioni da parte della madre. Richard Restak paragona questo comportamento ad un condizionamento operante –ossia programmare una determinata risposta ad uno stimolo- in cui il bambino provoca una risposta dell’adulto.
Il sorriso è anche uno dei tramiti con cui si sviluppa fiducia tra bambino e madre, secondo John Bowlby. Con un sorriso il bambino viene rassicurato dell’affetto che lo circonda, e imparerà che con un sorriso donerà un assaggio di gioia anche nella vita adulta.
Fonti:
Il cervello del bambino, Richard Restak, Mondadori, 1987
Psicologia, i motivi del comportamento umano, Anna Oliverio Ferraris e Alberto Oliverio, Zanichelli, 2007
Credits immagini:
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