Di Luca Marzano
Stando ai dati dell’Eurostat -l’agenzia statistica dell’Unione Europea- tra il quarto trimestre del 2015 e il primo del 2016- il 37% dei disoccupati italiani ha smesso di cercare lavoro. Tralasciando coloro che hanno vinto al Superenalotto o hanno ricevuto una ricca eredità, come si può spiegare questo fenomeno? Come mai alcune persone tendono a rimanere bloccate nelle loro situazioni avverse?
Il meccanismo psicologico alla base di questi comportamenti fu scoperto accidentalmente da Martin Seligman, mentre stava conducendo alcuni esperimenti nel suo laboratorio. Durante i suoi studi, lo psicologo statunitense osservò che un cane sottoposto ad una scossa elettrica senza possibilità di scappare, quando aveva la possibilità di fuggire mostrava un comportamento passivo e rimaneva nella gabbia continuando a subire il trattamento poco piacevole. Nella prima fase dell’esperimento, l’animale aveva appreso che la situazione negativa era inevitabile e indipendente dal suo comportamento. Pertanto anche quando aveva la possibilità di fuggire non lo faceva.
Seligman chiamò questo fenomeno “Teoria dell’impotenza appresa” e provò a verificare se fosse applicabile anche ad animali più evoluti: gli esseri umani. Fece entrare degli studenti in una stanza in cui era presente un forte rumore fastidioso e, nonostante gli studenti provassero a ruotare delle manopole e a schiacciare dei pulsanti, il rumore non terminava. Quando, successivamente, gli studenti si trovarono in una situazione simile in cui però era loro possibile controllare il rumore, tendevano a rimanere passivi e quindi a rimanere nella situazione negativa.
Il fenomeno dell’impotenza appresa è talmente semplice che spesso non ci si accorge neanche che la percezione di negatività permanente si sta rinforzando nella nostra mente. Il meccanismo di generalizzazione che la natura ci ha donato per permettere al nostro cervello di effettuare delle scelte in modo veloce, in questa occasione si rivela controproducente poiché bastano pochi eventi per far sì che alcune persone entrino in un loop di pensieri negativi che li porta ad essere sempre più demotivati. Nel peggiore dei casi si può andare incontro a quella che è definita hopelessness depression, una vera e propria patologia che nelle forme più gravi si tratta con un approccio farmacologico.
Al di là di questo ultimo caso (che necessita dell’intervento di uno specialista), un consiglio che si può dare a chi nonostante gli sforzi si sente demotivato: è quello di valutare gli eventi negativi di volta in volta senza permettere al nostro cervello dare spazio a generalizzazioni.