22 settembre 2016: 12 anni dopo “Che pasticcio, Bridget Jones!” ecco che arriva nelle sale cinematografiche italiane il terzo capitolo della saga della più amata inglese pasticciona Bridget Jones (Renèe Zellweger), “Bridget Jones’ Baby“. Ritroviamo una Bridget di nuovo sola, dieci anni dopo la rottura della relazione con Mark Darcy (Colin Firth), nonostante il secondo capitolo si fosse chiuso su un loro lieto fine insieme. Ora, la donna è finalmente dimagrita, ha un lavoro gratificante ma sempre in preda all’ansia di finire i suoi giorni come eterna zitella incorreggibile. Spinta da una sua collega a concedersi un weekend di puro svago e folle divertimento ad un festival musicale, Bridget eccede con l’alcool e vive un’avventura amorosa di una sola notte con il bel Jack Qwant (Patrick Dempsey), dal quale scappa il mattino dopo. Passano pochi giorni e, di nuovo a Londra, Bridget incontra di nuovo la sua vecchia fiamma Mark, con il quale trascorre una passionale notte, pentendosene però subito dopo a causa dei falliti tentativi precedenti di far funzionare la loro storia. Ripresa dunque la propria vita quotidiana, Bridget però scopre che niente potrà tornare come prima: è incinta, ma di chi? Sarà questa l’occasione di una nuova chance con l’antico amore Mark o una nuova possibilità con l’intrigante Jack?
Il film si sviluppa quindi su questo triangolo problematico: Bridget deve gestire all’improvviso tre relazioni, rispettivamente quella con Mark, quella con Jack e quella con la creatura che porta dentro di sè. Ma tutto ciò non si rivela solo una questione personale: la madre di Bridget infatti si è candidata per le elezioni per la rappresentate della propria comunità parrocchiale e le condizioni della figlia la imbarazzano. Bridget dovrà quindi dimostrare alla sua famiglia e al resto del mondo che l’inguaribile, goffa ragazza è pronta per diventare una donna matura e una buona madre. E in effetti, la situazione di Bridget non è quella di molte altre donne di oggi? In un’era in cui l’età biologica si dilata notevolmente, sono sempre più le madri che superano i 30 anni o, come nel caso della nostra protagonista, addirittura oltre i 40. Eppure, l’istinto materno non è influenzato dalle epoche e resta una costante in moltissime donne, che decidono di affrontare pregiudizi, carriere lavorative e relazioni personali pur di diventare madri. Bridget si fa loro portavoce: è cresciuta e ora lotta per affermare la sua nuova identità.
Proprio questo, forse, preoccupava sia il pubblico che la critica: sviluppare bene quest’evoluzione del personaggio di Bridget e della sua storyline, così temporalmente lontana dalla sua ultima apparizione. Eppure, si può affermare che anche questo terzo capitolo è ben riuscito: i personaggi restano coerenti, la storia trova attinenza ai reali problemi socio-culturali odierni (nel film infatti si fa riferimento anche alla questione delle coppie omosessuali che vogliono adottare figli) e le battute sono di volta in volta divertenti, ironiche ed eloquenti. Buona inoltre la scelta di inserire il personaggio della ginecologa di Bridget, interpretata dalla grande Emma Thompson: una personalità intrisa di ironia, cinismo ed empatia. Quanto all’altra, rilevante new entry, Patrick Dempsey, un’altra decisione azzeccata: l’esperto di relazioni amorose romantico e carismatico, super impegnato nel fornire un’immagine di sè equivalente a quella dell’uomo perfetto, passionale ma voglioso di creare un nido famigliare. Un’adeguata alternativa all’altro storico co-protagonista maschile, il playboy politicamente scorretto Daniel Cleaver (Hugh Grant), questa volta assente.
Se quindi temevate che l’ultima avventura di Bridget Jones fosse ormai fuori contesto e forzata, non temete: dopo un primo sconcerto iniziale dovuto all’evidente cambiamento estetico della protagonista, scoprirete che si tratta sempre della stessa romantica, svampita e dolce londinese, pronta a ridere delle proprie disavventure ma anche a trarne importanti lezioni di vita.