a cura di Giacomo Rota
In una recente intervista rilasciata al Corriere della Sera (link) il giocatore dell’Inter Andrea Ranocchia ha spiegato che da qualche tempo segue un supporto psicologico, in particolare dopo le continue proteste dei tifosi che non hanno gradito il trend negativo della squadra. Non sarà certamente la prima volta che un giocatore di Serie A si impegna in un “allenamento” non solo fisico, tuttavia una simile notizia mette in luce una fragilità che non siamo abituati a considerare in quelli che vediamo come dei moderni gladiatori.
Nel 1981 l’etologo inglese Desmond Morris faceva uscire il saggio La tribù del calcio, in cui spiegava perché tale sport avesse così largo seguito: secondo Morris una partita di calcio ripercorre in una certa forma quella che nell’antichità era una battuta di caccia. L’arma è la palla, la preda è la porta altrui e i calciatori rappresenterebbero il branco di uomini intenti a cacciare e ad evitare che la propria porta (“il proprio villaggio”) venga violato dalla tribù avversaria. Nel saggio Morris riusciva a spiegare con il modello della caccia anche la potente carica empatica ed emotiva che accompagna le tifoserie di tutto il mondo.
Sappiamo tutti che i calciatori oggi sono stra-pagati e che il calcio giocato non rappresenta che la sommità di un iceberg la cui parte sommersa è immensa, corrispondente al giro di affari miliardario che lega le diverse società calcistiche. Tuttavia proprio questa condizione sembra rendere ancora più inaccettabile agli occhi del tifoso che il calciatore sia solo un uomo o, quanto meno, un uomo come tutti. Non si accetta che un calciatore possa far male, possa subire la sconfitta; ci si sente traditi come se si fosse membri della squadra-tribù, e come se la sconfitta ne andasse della nostra sopravvivenza.
Se un tempo le critiche si concentravano sulle pagine dei quotidiani sportivi e gli insulti volavano nei bar o sulle curve degli stadi, oggi, invece, il tifoso può ingiuriare direttamente il calciatore tramite Facebook, Twitter e altro ancora.
Tra i molti casi che si possono citare, valgano come esempio le pesanti ironie che hanno colpito il giocatore del Milan Riccardo Montolivo, oppure le minacce che hanno invaso il profilo ufficiale di Gonzalo Higuain, al momento del suo passaggio dal Napoli alla Juventus, nemiche di lunghissima data.
Il calcio continua ad essere un bellissimo sport e un fenomeno sociale estremamente interessante. Resta tuttavia da considerare che quelli che consideriamo i nostri “campioni” sono spesso ragazzi catapultati nel mondo del calcio professionista da giovanissimi; un mondo dove vige una ferocia atavica, che può rendere veramente difficile saper formare la propria personalità e continuare a divertirsi nel giocare.
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