Di Serena Terruzzi
E’ il 24 settembre 1370 quando a Modena si apre la prima udienza di uno dei più antichi processi per stregoneria di cui ancora oggi si conservano gli atti. L’imputata è Benvenuta Benicasa, conosciuta con il soprannome di Mangialoca o guaritrice di Modena. Si tratta di una sessantenne benestante, che crede nel potere magico delle erbe e dei sogni rivelatori, avvezza alle invocazioni e agli esorcismi, legata al mito della buona stella protettrice. A lei si affidano donne innamorate per riconquistare l’amante fuggito, madri preoccupate per la salute dei figli e padrone tormentate dalla paura delle maledizioni dei servi. Ogni problema ha una soluzione, decotti e infusi di erbe, rituali e formule magiche, miscugli di sperma e sangue mestruale.
L’inquisitore incaricato di indagare sull’operato della donna e giudicarne la colpevolezza è il dominicano Tommaso, uomo scaltro e pronto a tutto per ottenere una confessione. Gli atti ufficiali del processo raccontano che Benvenuta non ha paura, si ritiene una semplice guaritrice e non ha nulla da temere. Candidamente racconta all’inquisitore uno dei suoi successi, la liberazione di donna Agnese da un maleficio: candele benedette, orazioni, dieci Padre Nostro e altrettante Ave Maria; e successivamente un sogno rivelatore che incastra il mezzadro di donna Agnese, il quale ha nascosto sotto al letto della padrona un osso e altri oggetti malefici. La guaritrice ha semplicemente dovuto rompere questi oggetti per spezzare per sempre la maledizione.
Il frate è sempre più convinto che la guaritrice abbia stretto un patto con il demonio e è pronto a tutto per provarlo. Durante le lunghissime udienze, le domande si fanno sempre più incalzanti e insidiose. Il frate è un abile oratore e con le sue parole riesce a confondere la povera Benvenuta che, con il passare delle ore, inizia a dubitare della sua stessa arte di guaritrice. Il dominicano avanza l’ipotesi che la donna sia guidata nella sua arte e nei sui sogni da spiriti maligni, invocati tramite formule condannate dalla Chiesa come eresie. Mangialoca è ormai spacciata, su di lei pende l’accusa di eresia e nulla potrà essere usato in sua difesa. Durante la sesta udienza Benvenuta crolla, confessa di affidarsi alla sua stella protettrice per praticare la sua arte di guarigione da malattie fisiche, dell’anima e maledizioni. Esorcismi, pozioni magiche, adorazione di una stella e stregoneria: il 7 ottobre, durante l’ottava udienza, Mangialoca viene condannata alla pubblica confessione dei suoi peccati. E non solo: essendosi macchiata di spergiuro e sacrilegio, oltre a una serie di obblighi spirituali, viene obbligata a indossare in pubblico il sambenito, una veste per eretici e streghe graziati, con un copricapo di “irrisione e ignominia” per ricordare a tutti la sua colpa e la magnanimità della Chiesa. La guaritrice di Modena è scampata al rogo, ma non alla morte, sopraggiunta lenta sotto l’enorme peso della pubblica umiliazione.
FONTE: Focus Storia N°120